Di cosa si è parlato questo mese

Febbraio 2024: Darkweb Streamer, Persona 4, Mario vs. Donkey Kong, Jalopy e tanto altro ancora.

La rassegna stampa mensile di Ludica arriva anche per posta, sotto forma di newsletter. Se preferisci riceverla via e-mail, ti serve sapere solo che si chiama Inlusio1Inlusio è il termine che indica l’illusione di trovarsi all’interno di un (mondo di) gioco. Sembra un nome particolarmente indicato, no? e ci si iscrive qui.

Gary Bowser

In Canada c’è un uomo che deve 14 milioni di dollari a Nintendo per questioni legate alla pirateria, ma la cosa veramente incredibile è che questa persona si chiama Gary Bowser. Esatto: proprio come il principale nemico di Super Mario. Patricia Hernandez ha ricostruito la sua vicenda. (The Guardian, 1 febbraio)

Scenari distruttibili

Permettere ai giocatori di distruggere tutto (quasi tutto, diciamo il possibile) a un certo punto è stata una moda, poi ha smesso di esserlo, e ha sempre posto enormi problemi non solo tecnici ma anche di game e level design. Un longform di Ben Lindbergh che potrebbe facilmente essere il miglior pezzo sui videogiochi che leggerete quest’anno. (The Ringer, 2 febbraio)

Darkweb Streamer

Prima di trasformarsi in un genere dovrebbe perlomeno diventare una tendenza e per il momento non è neanche quella, ma l’estetica del web anni Novanta ha più volte trovato spazio nei videogiochi negli ultimi tempi: con Darkweb Streamer ormai quasi pronto a uscire, Diego Argüello è tornato su Videoverse e Hypnospace Outlaw. (The New York Times, 5 febbraio)

Darkweb Streamer (Fonte: press kit)

Machiavelli in Assassin’s Creed

L’accuratezza storica non è—e probabilmente neanche dovrebbe essere—il punto forte di Assassin’s Creed, però forse dipingere Machiavelli come un nemico dei Borgia è un po’ troppo anche per un videogioco. Un’analisi di Iván Goldman. (Play the Past, 6 febbraio)

Persona 4

Una lettura in chiave esistenzialista di Persona 4 Golden, a cura di Stefano Caselli:

A partire dalla vaga ispirazione junghiana, Persona 4 reinterpreta uno dei più classici tropi del JRPG tutto in modo abbastanza affascinante. Da una prospettiva esistenzialista, questi protagonisti lottano contro delle proiezioni che altro non sono che incarnazioni della fattità (recupero qua il termine da Sartre e Heidegger) della vita in cui sono gettati. Quello della fattità è un tema ricorrente in numerosi giochi di ruolo alla giapponese, in cui spesso un gruppo di protagonisti affronta una realtà che nega loro la libertà di autodeterminarsi come individui. Se in altri videogiochi la fattità viene radicalmente rigettata dal gruppo di protagonisti, che si imbarca sovente in lunghissimi viaggi pur di distruggere un ordine socio-politico precostituito e pur di non ereditare i ruoli che questo ordine gli impone (un caso abbastanza recente è Xenoblade Chronicles 3 [Monolith Soft, 2022], ma già Persona 5 segue questo iter “radicale”), in Persona 4 a un primo momento di antitesi, ovvero di rifiuto di questa fattità, segue una necessaria riappacificazione con la stessa – una sintesi quindi tra la condizione iniziale e il suo rigetto.

(Lo Specchio Scuro, 6 febbraio)

Starfield

L’ultima fatica di Bethesda è godibile finché ci si muove nel perimetro delle sue narrazioni, ma è fin troppo facile uscirne e venire attanagliati dal nulla cosmico, scrive Davide Banis:

La generazione procedurale resta una tecnica molto promettente per sviluppare giochi sempre più grandi (auguri ai critici). Il problema è bilanciare spazi giganteschi con una narrazione che sia coerente e che lasci un numero ampio ma comunque limitato di scelte al giocatore. I videogiochi sono anche e a volte soprattutto un modo di raccontare storie e le storie hanno bisogno di limiti e percorsi prestabiliti anche se alle volte i titoli open world meglio riusciti come Red Dead Redemption II danno al giocatore l’illusione di essere libero di fare quello che gli pare. Pure Starfield ha i suoi momenti migliori quando integra illusione di libertà e storie predefinite. Capita di voler andare su un pianeta per vendere un’astronave o continuare una missione e di venire intercettati da un personaggio che ci chiede aiuto per cacciare una gang di criminali dalla sua fattoria. Mentre ci diamo alla filantropia galattica finiamo invischiati in una faccenda di contrabbando o in un gruppo di turisti spaziali che hanno un sacco di domande da farci sulla capitaneria cosmica. Di missione secondaria in missione secondaria, siamo risucchiati in un vortice di piccole storie e sotto-trame che spesso sono di gran lunga più divertenti della quest principale. E di sicuro meno ansiogene del vagare senza meta su pianeti deserti.

(Link, 12 febbraio)

Zona Warpa

Nel corso del 2023 Zona Warpa—“la festa del videogioco ribelle e itinerante”—ha attraversato tanti spazi in un tour che ha fatto tappa in tutta Italia coinvolgendo sviluppatori e appassionati di videogiochi. Matteo Lupetti ha intervistato alcuni degli organizzatori, tra cui Fabio Bortolotti di Livello Segreto, Riccardo Gamondi degli Uochi Toki e Claudia Molinari di We Are Muesli. (Container, 13 febbraio)

Due libri

Entrambi disponibili in open access:

Prince of Persia: The Lost Crown

Il bello di scrivere di videogiochi è che, quando incontri un quadro davvero molto troppo difficile, puoi contattare il responsabile e chiedergli spiegazioni. È quello che ha fatto Patrick Klepek dopo aver passato due minuti lunghissimi in Prince of Persia: The Lost Crown. (Remap, 14 febbraio)

Mario vs. Donkey Kong

«La rivalità che ha infiammato il Game Boy Advance si riaccende in Mario vs. Donkey Kong, ora disponibile su Nintendo Switch!», si legge nei post con cui Nintendo ha promosso in Italia l’uscita del suo nuovo gioco. La storia di questa rivalità è un po’ strana, come racconta George Chrysostomou. (Den of Geek, 15 febbraio)

Q*bert

Warren Davis, intervistato da Andrea Maderna, ripercorre la sua lunga carriera nel settore videoludico, da Q*bert a Spyro: Enter the Dragonfly. (Multiplayer, 16 febbraio)

Jalopy

Più che un gioco di guida, Jalopy è un’esperienza meditativa, scrive Manuel Berto:

In Jalopy non c’è un intento di competizione, né di sopravvivenza. Nessuna minaccia diretta. Nessun limite di tempo. Questo gioco è il puro viaggiare per il gusto di farlo. Sì, c’è una malinconica narrazione. Durante il viaggio da Berlino a Istanbul saremo accompagnati da zio Lütfi, che ci racconterà aneddoti e paure per il futuro in un mondo che sta cambiando rapidamente. Ma è tutto qui, il protagonista non ha nemmeno una personalità propria o una singola linea di dialogo. L’obiettivo del gioco è quindi il viaggio. E il mezzo è un macinino di altri tempi, la piccola Laika, utilitaria dalla carrozzeria che ricorda tantissimo la Trabant 601, vettura che ha fatto la storia automobilistica a est del muro di Berlino e della quale vi è un museo dedicato in quel di Praga.

(Frequenza Critica, 17 febbraio)

Jalopy (Fonte: press kit)

Minigiochi

Se i videogiochi sono ciò con cui si gioca nel nostro mondo, i minigiochi saranno i giochi con cui si passa il tempo all’interno del mondo di quei giochi, e la faccenda, lo si vede subito, è ricorsiva: anche nel mondo del minigioco contenuto nel mondo del gioco che giochiamo si dovrà giocare a qualcosa, e così via. I minigiochi sono insomma un bel problema, eppure, come scrive Carli Velocci, gli sviluppatori li inseriscono sempre più spesso nei loro giochi: ma per quale motivo sono diventati un elemento praticamente irrinunciabile? (Polygon, 18 febbraio)

Indiana Jones and the Fate of Atlantis

Come ingannare il tempo, aspettando l’uscita di Indiana Jones and the Great Circle di MachineGames, se non tornando al miglior gioco mai realizzato sull’archeologo più famoso del mondo, vale a dire l’avventura grafica del 1992 targata LucasArts? Jack Yarwood ha intervistato Hal Barwood, game director di quell’indimenticabile punta-e-clicca. (Time Extension, 19 febbraio)

Super Mario 64

Tutto ciò che esiste può essere letto in chiave complottista, e Super Mario 64 non fa certo eccezione. Un’indagine di Giuseppe Giordano:

Il Wet-Dry World […] rappresenta un ascensore speciale per scendere in profondità, fino a raggiungere la leggenda metropolitana più sommersa, secondo cui ogni copia di Super Mario 64 sarebbe infestata da un’intelligenza artificiale in grado di offrire un’esperienza personalizzata a ciascun videogiocatore. In altre parole, se sei triste l’I.A. lo capisce e anche Super Mario 64 diventa un po’ malinconico.

(Outcast, 22 febbraio)

Alan Wake II

Il nuovo gioco di Sam Lake è anche una riflessione sull’atto creativo, scrive Valerio Pellegrini:

Alan Wake non può scrivere quello che vuole per evadere dal Luogo Oscuro perché ha dei vincoli morali. La riscrittura del reale (ovvero ogni scostamento tra l’elemento di ispirazione e la sua trasposizione narrativa) implica l’immissione di una certa dose di oscurità nel reale stesso. Alan può solo provare a spingere un po’ le cose a suo favore definendo piccoli dettagli sparsi per il gioco come ad esempio il clicker (il pulsantino che accende la lampada alla base degli enigmi luce/ombra di New York) o i thermos del caffè infinito che fungono da stazioni di salvataggio. Insomma, sul filo di MacGuffin, deus ex machina e altri espedienti narrativi, Alan Wake 2 ci porta nella stanza dello sceneggiatore e Sam Lake ci mostra i dilemmi del creativo tra svolte, vincoli dettati dalla morale e da logiche industriali. La Stanza dello Scrittore (quando si manovra Alan Wake) e il Luogo della Mente (quando si manovra Saga Anderson) sono modalità di gioco richiamabili in qualsiasi momento dal giocatore. L’azione si ferma e si ha la possibilità di tirare il fiato e mettere in ordine le informazioni raccolte in specifiche stanze dall’aspetto familiare. A ciascuno la sua Fortezza della Solitudine, tornando per un attimo a Superman.

(Quaderni d’altri tempi, 27 febbraio)

Calciatori e PlayStation

La PlayStation è stata vietata in Nazionale, e il motivo è che molti calciatori hanno un rapporto morboso con i videogiochi, scrive Marco D’Ottavi:

Mantenendo l’anonimato possono stimolare il loro lato competitivo al massimo, mettendosi in gioco senza doverci mettere la faccia. Ibrahimovic, per dirne uno, è un patito di Call of Duty: «Ero intossicato e non riuscivo a smettere. Ovviamente non mi riconoscevano in rete, avevo un falso nome. Ma giuro: facevo colpo sulla gente anche senza sapere chi fossi. Ho sempre giocato ai videogiochi, e sono estremamente competitivo». Messi che ha confessato il gusto di collegarsi per «sfidare gente che non ha idea di chi io sia». In tutte queste storie i calciatori vivono le sfide online come un proseguimento del loro lavoro, dove la competizione non è solo una parte dell’esperienza ludica, ma è il centro. Griezmann, le cui carriere su Football Manager sono leggendarie, sostiene che a Fortnite «conseguire una Vittoria Reale [rimanere cioè l’unico vivo in una sfida tra 100 giocatori, nda] è molto più stressante che provare a segnare un gol. Molto più dura la Battle Royale, che stare in area di rigore». Griezmann, forse ve lo siete scordato, ha usato un balletto di Fornite dopo aver segnato nella finale dei Mondiali.

(Ultimo Uomo, 28 febbraio)

Final Fantasy VII

Questo mese si chiude con l’uscita di Final Fantasy VII Rebirth, nuovo capitolo della trilogia di remake con cui Square Enix rielabora lo storico RPG del 1997; un videogioco complesso che affrontava tante tematiche diverse, come ricorda Diego De Angelis. (L’indiscreto, 28 febbraio)

Al mese prossimo!