Ho un piccolo mouse USB che tengo in giro per casa. Due tasti, una rotella. Non mi serve per lavoro, non faccio dei lavori per cui mi può servire il mouse (o comunque non li faccio abbastanza a lungo, o con abbastanza precisione ecco). Ogni tanto (quando lo trovo) l’attacco al PC per giocare, sparare a qualche zombie online, più spesso per sfruttare al meglio i videogiochi che richiedono un doppio controllo con tastiera e mouse. È da tanto che non l’attacco per selezionare 40 soldati a cavallo e mandarli a razziare i campi di qualche mio avversario virtuale, e più il tempo passa più la cosa mi manca. Perdevo le ore ad organizzare un assalto in Age of Empires o a raccogliere e raffinare risorse in Command & Conquer, ma questo non succede più, e non solo perché sono invecchiato: perché non ci sono più giochi così.
I videogiochi di strategia in tempo reale, o RTS, da Real Time Strategy, sono stati i secondi a fare pieno utilizzo del mouse come periferica principale di controllo (le prime sono state le avventure grafiche punta e clicca; gli sparatutto si inventarono il free look con Marathon, Mac, 1994). Quand’è successo che hanno smesso di essere non dico principi, ma almeno comprimari nel gioco su personal computer? E perché? Cos’è rimasto?
1.
Rispondere a queste domande non è facile e questo pezzo sarà una commistione di fatti conclamati, deduzioni e qualche opinione personale. Non è facile trovare un anno o una causa esatta per la fine della strategia in tempo reale così come l’abbiamo conosciuta. Conviene darsi un paio di punti storici fermi da cui partire: innanzitutto bisogna citare Dune 2, del 1992, che è il padre putativo del genere come lo conosciamo e ne aveva le caratteristiche che poi saranno inamovibili nei classici RTS. Da lì a dieci anni il genere fiorirà in quella che è l’epoca d’oro, si raffinerà e perderà la sua spinta vitale. Nel 1994 esce Warcraft, nel 1995 Command & Conquer e Warcraft II, nel 1996 Command & Conquer: Red Alert, nel 1997 Total Annihilation e Age of Empires, nel 1998 Starcraft e Populous: The Beginning, nel 1999 Homeworld e Age of Empires II, nel 2000 Dark Reign 2 e Homeworld Cataclysm, nel 2001 Battle Realms e Kohan, per culminare nel 2002 con Warcraft III e Age of Mythology. Ho citato solo i titoli migliori tra tutto l’enorme catalogo di RTS degli anni ’90, e comunque già così si può notare la rapidità nello sviluppo e lo sfruttamento della “bolla” da parte delle case di produzione, con seguiti, prequel, spin-off.
Tra le cause concorrenti della fine di un genere ho individuato tre ceppi: le cause di carattere tecnico, le cause di carattere competitivo e le cause di carattere storico.
In molti hanno visto la fine dell’era a due dimensioni dei videogiochi di strategia in tempo reale come uno dei segni nel cielo che indicavano la fine. Non sono andati troppo lontani dalla realtà. La grafica 3D è una delle cause tecniche della fine degli RTS classici: con l’aumentare della potenza di calcolo delle periferiche gli RTS hanno incontrato una sorta di muro fatto di perfezione e poca perfettibilità delle formule di gameplay già temperate per creare un gioco di strategia (mettici troppo mano e crei un gioco squilibrato che perde ogni interesse), e la potenza in eccesso è stata spesso utilizzata per la grafica. Insomma ci hanno dato la possibilità di zoomare all’infinito su unità e terreni poligonali di cui però non ci fregava niente. Perché dovremmo guardare fissi in faccia 30 contadini tutti uguali che spaccano una pietra se non per la difficoltà nell’innovare tecnicamente il genere?
L’esempio maggiore degli RTS 3D, sia come riuscita che come eredità, è ovviamente Warcraft III. Ha abbassato il numero di unità e costruzioni da controllare: le basi sono piccole, le unità poche, il limite alla popolazione basso (100) che costringe, ad esempio, a distogliere l’attenzione dall’attacco principale per ricostruire o rimpolpare la propria armata. Non è un caso che il gioco della Blizzard abbia risposto a questa nuova mancanza di profondità nel genere ma allo stesso tempo di maggiori possibilità tecniche trasformandosi, grazie ai modder, in Defense of the Ancients (Dota), con decine di eroi differenti dalle abilità differenti e una curva di apprendimento ripida, andando a creare un gioco in scala più piccolo ma molto più profondo nei meccanismi. Dopo Warcraft III gli RTS si sono fatti più sparuti e non è più esistito un titolo seminale del genere.
Con l’aumento della possibilità tecnica, l’altra via per i nuovi titoli era quella di trovare nuove formule e “complicarsi” per non perdersi in minuzie grafiche, ma non tutti ci sono riusciti. Per fare un esempio, Age of Empires III è malvoluto dai fan storici della saga perché, probabilmente, introduce un livello di complessità che non esplora, ovvero le battaglie con la polvere da sparo, riducendo al tempo stesso la varietà delle unità utilizzabili rispetto al precedente capitolo. Ma AoE III non ha pensato a sviluppare altre variabili della battaglia che prendessero il posto della diversificazione nelle truppe; è come se avesse migliorato il vecchio sistema di combattimento, costruito dal primo titolo della serie per militari con armi bianche che si menano a corta distanza o archi, anziché pensarne uno nuovo per un modo completamente nuovo di fare la guerra. Empire: Total War, al contrario, ha un sistema di morale e fatica profondo, che riempie il vuoto lasciato dal fascino delle armi medievali e le sue truppe cammellate; certo, non è un RTS ed è stato rilasciato quattro anni dopo, ma la via da percorrere era questa.
L’ipotesi competitiva, detta in soldoni, è che è colpa di Starcraft. L’avvento dell’incredibile titolo (che compie venti candeline, auguri) della Blizzard ha portato praticamente all’invenzione degli e-sports, ovvero i videogames giocati a livello competitivo. Starcraft è stato il primo, e nonostante l’età viene giocato ancora ora. Questo ha mostrato che c’è un modo “corretto” di giocare agli RTS, un modo giusto, più funzionale degli altri, e che l’abilità manuale e delle macro è più importante di ciò che è la natura del gioco, ovvero la strategia in tempo reale. Quando si giocava ad uno dei titoli dell’era d’oro degli RTS, la rigiocabilità e la sensazione della perfezione era data dalle infinite possibilità e combinazioni di gestione dell’economia, di formazione dell’esercito, scelta delle truppe, del momento dell’attacco, della posizione dell’attacco. Nei videogiochi a livello competitivo (detta grossolanamente) sai esattamente quello che devi fare per vincere non appena inizia la partita. Questo stesso livello di competitività lo ritroviamo, non per caso, nei Massive Online Battle Arena come il già citato Dota o il figlio illegittimo League of Legends. Non c’è rimasto spazio per le schermaglie “banali” di Warcraft II e, come azione e reazione alla velocità e competizione di Starcraft (ma anche dell’ascesa degli sparatutto rapidi e frenetici) si sono sviluppati e/o hanno mantenuto il loro posto nel mondo videoludico titoli più compassati, a turni come Civilization, o la serie di Total War.
Le cause storiche prendono a piene mani dalle cause tecniche e competitive e mettono i giochi di strategia in tempo reale nel mondo contemporaneo. Da una parte il genere RTS più di altri è ostaggio del casual gaming, entrato di sottecchi ma prepotentemente nel mondo dei videogiochi. Un’altra lancia nel costato degli RTS è quello che mi piace chiamare il livello di stress percepito di un videogioco. L’idea è che il pubblico che vuole gli RTS “come una volta” è un pubblico adulto, che ha conosciuto l’età d’oro degli RTS, quello che vuole un gioco complesso ma anche semplice perché ok sì le schermaglie da un’ora, ma non vuole stressarsi troppo con un videogioco, bensì divertirsi subito, vuole delle dinamiche complesse ma anche comprensibili per la sua visione “esperta” degli strategici in tempo reale. Per fare un esempio con la strategia a turni, sei anni fa mi sono tuffato in Battle for Wesnoth e l’ho giocato senza che mi pesasse troppo; ora ho comprato Legend of the Endless per non giocarci mai, perché è troppo vasto e troppo complesso, ci metterei troppo ad imparare e giocare un gioco dalle mille variabili senza avere il tempo per farlo come si merita mi stressa. In sostanza, vogliamo un gioco dalle dinamiche che già conosciamo ma fatto meglio; praticamente tanto vale fare dei revival, e infatti le versioni HD di Age of Empires sfavillano.
Poi: gli RTS sono anche poco inclini ai sistemi di ricompense e upgrade dei giochi contemporanei che ne hanno preso il posto, o ai giochi che permettono un sistema di leveling (com’è che diventi di livello superiore in un RTS?). Ora la maggior parte dei titoli ha un sistema di reward (anche solo psicologica) e gioco rapido e funzionale, con partite veloci, strategia presente ma in piccola scala, dall’altra mega giochi come i Total War (quindi strategia e gestione delle risorse sono dislocate a momenti differenti).
Per quanto riguarda gli epigoni mancati, probabilmente è anche colpa dell’incredibile riuscita dei titoli maggiori. Gli ultimi grandi strategici in tempo reale come Warcraft III, Age of Empires II o Starcraft sono riusciti ad ottenere magicamente il giusto rapporto tra gameplay, alto livello tecnico, varietà ed equilibrio, il tutto in quella grossolanità ludica di titoli che ormai hanno vent’anni—ma d’altronde la gente continua a giocare a Super Mario Bros., ad Alpha Centauri, Zelda: A Link to the Past, ma pure a Metal Slug: sono delle piccole perle. Questi hanno messo in seria difficoltà chiunque provasse a fare un gioco simile.
2.
A guardare con più attenzione la strategia in tempo reale non è sparita o morta, o comunque “non è morto ciò che può attendere in eterno, e col volgere di strani eoni anche la morte può morire”, più o meno. Se si pensa a ciò che è il Real Time Strategy, alle sue premesse e ai suoi obiettivi, si possono tracciare delle linee base che sono state recepite, ereditate, trasformate, mutuate da generi di giochi contemporanei decisamente più diffusi. Possiamo dire che le caratteristiche di base di un titolo RTS, per una partita standard, siano:
- tutti i giocatori (umani o virtuali) partono uguali;
- si raccolgono risorse distribuite sulla mappa di gioco, con la necessità di mettere in sicurezza quelle determinate zone e di sviluppare alcune unità, edifici o tecnologie che ne permettano la raccolta o elaborazione;
- con le risorse si creano o sviluppano unità (sia di raccolta che militari), strutture e tecnologie (solitamente equivalgono a scoperte “tecniche” che permettono la costruzione di nuove unità o edifici, o una ottimizzazione degli stessi);
- una necessità implicita da questi tre principi è quella della costruzione e mantenimento di una base, una città, un “centro di raccolta e produzione”, per dirla in maniera più generica, e tendenzialmente della difesa dello stesso;
- la ricerca di una vittoria militare finale sulla fazione avversaria (poi questo punto si evolverà in alcune maniere più raffinate, ma la vittoria militare resta una possibilità costante);
- il controllo indiretto sulle unità: il giocatore dice alle unità cosa fare (ad esempio attaccare un nemico), ma il risultato dell’azione non dipenderà dalla capacità di chi sta davanti allo schermo o dalla pressione di alcuni tasti bensì da elementi intrinsechi dell’unità (difesa, attacco, punti vita—rispetto a quelli dell’avversario) o della situazione (superiorità numerica, posizionale).
Se si pensa agli strategici come giochi in cui comandi più unità, produci risorse e usi queste risorse per migliorare o avere più unita mi sembra che si possano identificare tutta una serie di discendenti che ne mutuano delle caratteristiche:
I MOBA. I MOBA (che sta per Multiplayer Online Battle Arena, un nome un po’ sciocco) sono i discendenti più diretti degli RTS, anche perché letteralmente derivano da uno di loro. Si tratta di strategia in tempo reale con la mappa e la visuale isometrica; ma il giocatore comanda solo un eroe direttamente, in una battaglia a fazioni, e il gioco punta sulla cooperazione dei vari giocatori online; uccidendo nemici si ottengono punti esperienza e l’eroe aumenta di livello (come negli RPG); l’unica valuta o risorsa è l’oro, ottenuto uccidendo nemici o distruggendo le loro costruzioni, che compra abilità, equipaggiamenti, upgrade; lo scopo del gioco è distruggere la base del nemico e proteggere la propria, ma non si possono costruire unità (vengono mandate ogni tot tempo orde di mostrini ad aiutare gli eroi) né fortificazioni. A differenza dei classici RTS la mappa è solitamente simile a sé stessa e segue lo standard di Aeon of Strife, una mappa custom di Starcraft in cui il giocatore, controllando un solo personaggio, andava avanti guadagnando cristalli dall’uccisione dei nemici; e in generale è un quadrato con angoli opposti occupati dalle basi delle fazioni rivali (sud-ovest contro nord-est) e tre vie per raggiungersi: la diagonale, i due lati superiori, i due lati inferiori, ognuna con determinate caratteristiche. Questo implica che ovviamente esista una strategia ma che si basa necessariamente meno sull’occupazione della mappa, bensì più sulla scelta di determinate abilità o equipaggiamenti (League of Legends) o determinati eroi (Defense of the Ancients) per presiedere determinati passaggi o per attaccare, cooperare, difendere, conquistare.
I sandbox e i survival games. Metto insieme queste due categorie perché hanno in comune la raccolta di materiale e la trasformazione dello stesso in oggetti diversi che esiste nel mondo degli RTS; ovviamente in questi giochi c’è un vero e proprio sistema di crafting più o meno evoluto (nei vari survival games cambia molto, nei sandbox è ipertrofico) che manca negli strategici in tempo reale; si comanda il personaggio principale direttamente, di solito non c’è creazione di altre unità (anche se può esserci creazione degli edifici), la visuale varia da gioco a gioco (si va dalla prima persona di The Long Dark all’isometria di Don’t Starve al 2D di Starbound) e lo scopo è, solitamente, sopravvivere e/o esplorare, in una logica di gameplay volutamente non lineare.
I tower defense. I tower defense prevedono una mappa, una base da difendere e delle fortificazioni e unità da costruire o migliorare. I più evoluti (sto parlando di te, Kingdom Rush) prevedono anche un minimo spostamento delle unità per difendere al meglio. Allo stesso tempo però non c’è raccolta di risorse che non sia l’oro ottenuto uccidendo felloni; la vittoria si ottiene resistendo a un numero x di ondate di nemici che provano a raggiungere la propria base piuttosto che con l’attacco strategico della base avversaria (che non c’è); le vie percorribili dei nemici preimpostate, sono sì il succo del genere, perché in base alle vie si mettono le famose “torri”, ma anche una grossa differenza dagli RTS.
I real time tactics (RTT). I già citati RTT come la serie Total War non prevedono la costruzione di unità o edifici nella parte “real time” del gameplay. Si arriva al momento dello scontro su una mappa simile ai classici RTS ma con unità, bonus e malus che dipendono dall’andamento del gioco a turni precedente—parte in cui si accumulano risorse, unità ed edifici.
3.
Ma insomma, dopo esserci lamentati sarebbe bello trovare qualcosa di bello a cui giocare, insomma: cosa c’è rimasto dei veri RTS?
Il panorama sembra desolante, quindi tocca scavare un po’. Se si cerca su Google qualcosa sui migliori strategici in tempo reale dell’anno passato si trovano soprattutto articoli generici sui migliori RTS in generale (una cosa che non succede per gli sparatutto, i survival, i tower defense, ecc.). Uno dei pochi link specifici è un report dall’E3 del 2017 di Techradar che parla dei 5 giochi di strategia dalla kermesse di Los Angeles. I giochi indicati sono: X-Com 2 che non è in tempo reale, Battletech che è a turni, Total War: Warhammer 2 che è un RTT, Wargroove che è una sorta di Advance Wars sotto steroidi quindi a turni, e infine Age of Empires: Definitive Edition. Quest’ultimo è l’unico RTS vero della lista ed è testimone di tutti i problemi sopracitati negli RTS contemporanei e di un certo conservatorismo dei videogiocatori. Gli RTS più gettonati sono i remake: Age of Mythology: Extended Edition, Stronghold Crusader HD, Age of Empires II HD, Rise of Nations: Extended Edition, Age of Empires III: Complete Collection, Starcraft (gratuito su battle.net), Halo Wars: Definitive Edition.
Ci sono però dei nuovi titoli in giro, magari non saranno esattamente quello che sognate e non sentirete il brivido di quando avevate dieci anni e mandavate le vostre milizie contro i nemici su un Windows 98, ma perché non provare?
0 A.D. è il più conservativo ma è anche molto simpatico: è un gioco open source, multipiattaforma, nato dalla voglia (del 2003!) di alcuni amici di fare un grosso mod di Age of Empires II. Si scarica gratis dal sito ufficiale ed è ben fatto anche se ancora in una fase embrionale del testing, un po’ più profondo di come ricorderete gli RTS ma dalle dinamiche e ritmo simile. Esiste poi Northgard, RTS di ambientazione vichinga con parte gestionale e vagamente survival; la parte survival e gestionale torna anche in They Are Billions che invece ha ambientazione steampunk; l’anno scorso è uscito Halo Wars II, non super incensato e non profondissimo, ma ottimo per avere qualcosa di nuovo e fantascientifico che non sia l’ipercompetitivo Starcraft II.