La saga di King’s Quest

Il franchise di Sierra ha segnato la storia delle avventure grafiche.

La serie di King’s Quest deve la sua esistenza—seppur in maniera indiretta—alla telescrivente. Alla fine degli anni Settanta il programmatore Ken Williams prese al lavoro uno di questi dispositivi—essenzialmente una stampante che poteva mandare e ricevere messaggi—e se lo portò a casa. Felice di ritrovare il gioco di Star Trek che fece nascere il suo interesse per l’informatica, Ken si soffermò con la moglie Roberta su un altro titolo: Colossal Cave Adventure di Will Crowther. È stata questa pionieristica avventura testuale a far venire alla coppia l’idea di sviluppare i propri giochi, un sogno presto realizzato con Mystery House—la prima avventura grafica in assoluto—e con l’apertura di una loro software house, la On-Line Systems, più tardi ribattezzata Sierra On-Line.

Lo studio pubblicò molte avventure di fondamentale importanza nei venti anni successivi, tra cui Space Quest, Quest for Glory e Phantasmagoria. É stata la saga di King’s Quest, tuttavia, a restare più legata alle fortune di Sierra On-Line. Dal King’s Quest originale, che fu uno dei primi successi nel 1984, fino a King’s Quest VIII: Mask of Eternity del 1998, l’ultimo titolo a vedere i due Williams ancora coinvolti. La coppia non concede più interviste riguardo a quel periodo e passa la maggior parte del proprio tempo girando per il mondo in barca, ma di recente abbiamo avuto modo di parlare con loro, e con altre personalità di spicco di Sierra On-Line, a proposito di King’s Quest e del suo grande lascito.

Per raccontare la storia di King’s Quest è necessario parlare prima di Wizard and the Princess—uscito nel 1980, è in qualche modo un precursore della serie. Ambientato nel mondo di Serenia, affidava al giocatore il compito di liberare la principessa Priscilla, figlia del re George, dalle grinfie di un mago malvagio. Grazie a un sistema di analisi sintattica, si poteva giocare digitando direttamente i comandi in un box di testo. È stato un gioco importante per Sierra On-Line, anche perché si tratta del loro primo titolo a colori, che usava la retinatura per creare l’illusione di una tavolozza più ricca. Per questi motivi il gioco catturò l’attenzione di IBM, che non solo se ne assicurò la licenza per i propri computer con il titolo di Adventure in Serenia, ma ne richiese anche una versione migliorata in vista della messa in commercio del PCjr. Roberta iniziò a sviluppare la nuova versione del gioco ma, come ricorda Ken, «voleva aggiungere delle animazioni». Così, invece di realizzare un semplice porting, Roberta finì per lavorare a un gioco completamente nuovo che sarebbe diventato King’s Quest.

Wizard and the Princess (Fonte: King’s Quest Omnipedia)

King’s Quest è stato il primo gioco di Sierra On-Line a usare il motore di gioco AGI (Adventure Game Interpreter) anziché l’engine basato sui fogli di calcolo delle precedenti avventure. Questo nuovo linguaggio di programmazione consentiva più animazioni, dando l’impressione che i personaggi si muovessero in paesaggi pseudo-tridimensionali. Era una caratteristica straordinaria a quell’epoca, e sorprese anche gli altri membri dello studio. Come Wizard and the Princess, anche King’s Quest era ambientato in un grande mondo fantasy, in cui i giocatori esploravano il regno di Daventry. Mettendosi nei panni del coraggioso cavaliere Sir Graham, l’obiettivo era recuperare tre tesori nascosti per dimostrare al morente re Edward di essere degni della corona. L’avventura portava Graham nella tana di un drago, nel rifugio di una strega, e sulle tracce di un terrificante orco, e una sola mossa sbagliata poteva avere come esito la prematura dipartita del cavaliere.

La difficoltà punitiva del gioco aveva senso se si considera il pubblico a cui Roberta intendeva rivolgersi, coloro che compravano solo uno o due giochi all’anno. «I giochi non erano pensati per essere completati semplicemente attraversandoli», dice. «Dovevi battere in astuzia il designer [per vincere].” Il primo King’s Quest venne pubblicato per PCjr nel 1984, ma non ebbe molto successo a causa del fallimento commerciale della macchina. Fortunatamente Sierra On-Line aveva mantenuto i diritti sia sul titolo che sul motore di gioco, quindi Ken fu in grado di negoziare rapidamente altre versioni, comprese quelle per Tandy 1000 e Apple II.

King’s Quest: Quest for the Crown andò molto bene e le vendite aumentarono con il passare dei mesi. I piani per un sequel iniziarono quasi subito, e Roberta aveva capito che i giocatori volevano sapere come sarebbe proseguita la vicenda. «Le ottime vendite, le lettere dei fan e le persone che chiedevano un seguito, tutto indicava che alla gente era piaciuto [ciò che stavamo facendo]», racconta Roberta. «Era un titolo che le persone giocavano con le proprie famiglie. Sentiamo ancora storie di adulti che ricordano di aver giocato King’s Quest con i genitori oppure con i nonni. Era il gioco per la famiglia a quei tempi».

King’s Quest: Quest for the Crown (Fonte: King’s Quest Omnipedia)

La famiglia finì per essere un tema chiave da quel momento in poi. Dopo King’s Quest, i primi tre sequel hanno fatto conoscere ai giocatori la moglie e i figli di Graham. In King’s Quest II: Romancing the Throne (1985), il re Graham incontra sua moglie, la bellissima principessa Valanice rinchiusa in una torre dalla strega malvagia Hagatha. In King’s Quest III: To Heir is Human (1986), i giocatori controllano Gwydion, un ragazzo che in seguito si rivela essere Alexander, il figlio a lungo perduto del re Graham. E in King’s Quest IV: The Perils of Rosella (1988) i giocatori guidano Rosella nel suo viaggio attraverso la terra di Tamir alla ricerca di un frutto magico per salvare il padre malato.

Ogni gioco ha portato qualche innovazione. King’s Quest II è stato il primo a mettere in risalto una colonna sonora, con Al Lowe, ex insegnante di musica e programmatore di Sierra On-Line, ad assumere il ruolo di compositore. Questo desiderio di innovare era ciò che manteneva la serie rilevante e i giocatori interessati, ma non sempre si traduceva nel più fluido dei processi di sviluppo. King’s Quest IV: The Perils of Rosella, in particolare, è stato un progetto difficile, con una serie di problemi che sembravano fare tutto il possibile per ritardarlo.

La storia racconta che durante la produzione Ken e Roberta chiesero alcune nuove funzionalità a Jeff Stephenson, ingegnere di sistema di Sierra On-Line, tra cui 256 colori (il sistema AGI ne supportava solo 16) e la possibilità di utilizzare CD-ROM e schede audio. Stephenson colse l’occasione per eliminare anche il linguaggio in uso, specifico per le avventure, in favore di un nuovo linguaggio di programmazione orientato agli oggetti, creando il nuovo motore di gioco SCI (Sierra’s Creative Interpreter). «I vantaggi erano significativi», spiega Stephenson. «Con AGI qualsiasi caratteristica desiderata doveva essere programmata nel motore prima di poterlo usare per scrivere il gioco. Con un linguaggio più generico come SCI, gli sviluppatori potevano programmare quelle caratteristiche da soli all’interno del gioco, senza dover intervenire sul motore».

King’s Quest IV: The Perils of Rosella (Fonte: King’s Quest Omnipedia)

C’era un problema, però. King’s Quest IV rinnovò la tradizione di mettere a dura prova i nuovi sviluppatori di Sierra On-Line. La nuova squadra non solo doveva abituarsi a lavorare alla produzione e alla pubblicazione di un videogioco, ma dal giorno alla notte si trovava anche a dover familiarizzare con un nuovo linguaggio di programmazione. Come racconta Lowe «sul finire dell’agosto del 1988 Roberta mi chiamò e mi chiese “daresti un’occhiata a questo gioco? Non credo che potrà essere pronto in un mese”. Lo feci e la mia risposta fu “non potrà essere pronto in un anno”. Così venne interrotta la lavorazione di qualsiasi altro titolo. Tutti gli altri giochi vennero messi in pausa e iniziammo a programmare King’s Quest IV per trenta giorni. E quando dico trenta giorni intendo un mese intero in cui potevi continuare a lavorare finché non ti si appannava la vista».

Data l’attuale centralità nell’industria videoludica del tema del crunch e dei suoi effetti sui lavoratori è difficile sentire commenti come quello di Lowe senza battere ciglio. Non solo per l’impatto che può aver avuto sui membri di Sierra On-Line a quel tempo, ma anche perché è deprimente sapere che storie di questo genere sono ancora comuni in un settore in cui innovazione e passione vanno di pari passo con terribili condizioni lavorative e con un crunch eccessivo; e se si potrebbe argomentare che in quegli anni il settore non sapeva fare di meglio, è molto più difficile chiudere un occhio oggi che l’industria videoludica è più matura.

Con l’intera quadra al lavoro, King’s Quest IV riuscì a rispettare i tempi e a uscire nel 1988, e fu un altro grande successo per lo studio. Nel 1990 arrivò King’s Quest V: Absence Makes the Heart Go Yonder!, al quale seguì due anni dopo King’s Quest VI: Heir Today, Gone Tomorrow. Entrambi i giochi allargavano la formula originale di King’s Quest, con l’introduzione di una magnifica grafica in VGA e della recitazione, a cui ci si riferiva internamente come “Mother Goose” per via della connessione con un altro gioco su cui Roberta Williams aveva lavorato, intitolato Mixed-Up Mother Goose.

King’s Quest V: Absence Makes the Heart Go Yonder! (Fonte: King’s Quest Omnipedia)

A partire da King’s Quest V venne anche presa la decisione di passare dal collaudato sistema di analisi sintattica a un sistema di controllo tramite il cursore del mouse—ciò accadde dopo che Roberta vide sua madre in difficoltà nel giocare ai suoi giochi. Ken era convinto che questo cambiamento avrebbe generato reazioni negative, ma nel numero della primavera 1991 di InterAction, una rivista di proprietà di Sierra On-Line, notò invece un’accoglienza positiva da parte dei fan dello studio. Nello stesso numero, anzi, un genitore raccontò che il suo figlio disabile fu in grado di completare per la prima volta un gioco della serie grazie all’utilizzo di un mouse modificato.

«Abbiamo sempre voluto aggiungere voci, musiche migliori, belle animazioni, il 3D, attori veri, qualsiasi cosa potesse migliorare l’esperienza», dice Roberta. «Abbiamo fatto qualsiasi cosa potesse aumentare il realismo. Ogni elemento era un passo avanti. Non appena l’hardware poteva supportare una novità, volevamo approfittarne. Quando potevamo fare una cosa la facevamo». Dopo il successo di King’s Quest V e VI, la serie intraprese una svolta radicale con King’s Quest VII: The Princeless Bride. Il gioco abbandonava l’aspetto grafico dei capitoli precedenti per adottare un’estetica più limpida e disneyana. Era un tentativo di alzare ulteriormente l’asticella, usando le tradizionali tecniche del disegno a mano per creare mondi più complessi.

Per alcuni però si trattò di un cambiamento esagerato, forse dovuto alla volontà di salire sul carro della Disney che in quegli anni viveva un periodo di rinascita. «Lo stile grafico era un’idea di Roberta», sostiene Mark Seibert, che fu uno dei produttori del progetto. Riconosce l’influenza che ebbero film Disney come Aladdin e Il re leone, e ricorda che Sierra On-Line mise sotto contratto diversi studi di animazione per completare le scene di cui il gioco aveva bisogno. Ciò provocò pesanti ritardi, e Seibert e la sua squadra dovettero inoltre coordinare studi diversi per assicurarsi che le varie animazioni avessero una coerenza estetica.

King’s Quest VII: The Princeless Bride (Fonte: King’s Quest Omnipedia)

Racconta Seibert: «ricordo che una volta sono andato al lavoro un lunedì mattina e non sono tornato a casa fino a giovedì pomeriggio. Credo che la squadra avesse iniziato a scommettere su quando mi sarei addormentato sulla mia scrivania». Quando gli si chiede degli straordinari a Sierra On-Line, Seibert ricorda che «era spesso “obbligatorio”, ma abbiamo sempre cercato di evitarlo perché poteva protrarsi a lungo. I giochi di King’s Quest, o i giochi di Roberta, erano spesso noti per essere in ritardo sul programma a causa del loro alto livello di innovazione. Ciò ha spesso creato molte incognite che non potevano essere previste. In più occasioni quelli di noi che si occupavano dei suoi progetti hanno semplicemente lavorato più duramente e fino a tardi per portarli a termine. Ho fatto molte settimane di lavoro da 70 fino a 100 ore durante i periodi di crunch».

Oggi King’s Quest VII rimane una stranezza per coloro che rivisitano la serie, e lo stesso vale per King’s Quest VIII: Mask of Eternity. Tra l’uscita di King’s Quest VII e l’inizio dello sviluppo del successivo gioco della serie ci furono enormi cambiamenti in Sierra On-Line. Il più grande fu che Ken e Roberta vendettero Sierra On-Line alla società di e-commerce Comp-U-Card. Fu in queste particolari circostanze che venne sviluppato King’s Quest VIII: Mask of Eternity, e Roberta rimase in azienda per cercare di completare il progetto. Ora descrive il suo sviluppo «un lavoro di squadra involontario», mentre Ken osserva come Roberta fosse sempre più scossa nel vedere ignorate le sue idee e le sue proposte, tornando spesso a casa in lacrime. Secondo Ken, quando era in azienda aveva potuto essere un importante intermediario tra Roberta e i programmatori, convincendoli a provare a realizzare le sue idee più “impossibili”. Senza la sua presenza, la posizione di lei era notevolmente indebolita e, di conseguenza, non era in grado di imporre le sue idee così come aveva fatto in passato.

Per la prima volta, inoltre, un episodio di King’s Quest venne sviluppato con un motore esterno, realizzato da Dynamix. Come ricorda Seibert: «Purtroppo non avevano creato il motore appositamente per King’s Quest, per cui i nostri obiettivi non erano necessariamente gli stessi. Dopo circa un anno, abbiamo deciso di portare il codice dell’engine a Seattle per finirlo da soli. Questo ci ha lasciato molto indietro». Il piano iniziale per King’s Quest VIII: Mask of Eternity era quello di creare un’avventura d’azione in 3D e riproporre l’approccio “cinematografico” inaugurato con Phantasmagoria introducendo anche alcune meccaniche da gioco di ruolo. I giocatori controllavano un nuovo personaggio, Connor, che deve dimostrarsi all’altezza della situazione quando il re Graham e la sua famiglia vengono trasformati in pietra.

Un articolo apparso su
Wireframe #46
Tradotto da
Gilles Nicoli
Data della pubblicazione originale
7 gennaio 2021
Per molti giocatori, King’s Quest VIII è stata una conclusione piuttosto deludente per una serie rivoluzionaria. Dopo la sua pubblicazione sono circolate per anni voci su un potenziale sequel o reboot, ma tutti i tentativi furono vani. Almeno fino all’agosto del 2014, quando Activision, titolare dei diritti, annunciò che lo studio indipendente The Odd Gentlemen stava lavorando a un revival. Una lettera d’amore a King’s Quest, capace di offrire sia un sequel che una rivisitazione degli eventi della saga. Pubblicato a episodi, il gioco parlava di famiglia e di successione, e riusciva a riallacciarsi alla serie a quasi trent’anni di distanza dal suo inizio.

«La nostra principale preoccupazione era fare in modo che i Williams sentissero che avevamo reso giustizia alla loro creazione», afferma Evan Cagle, direttore artistico del King’s Quest del 2015. «Quando glielo abbiamo mostrato, e loro ne erano entusiasti, ci siamo resi conto di essere sulla giusta strada giusta». Secondo Cagle, lo sviluppo è stato tutt’altro che facile. Il team aveva optato per un ambizioso stile artistico dipinto a mano, quindi per prepararsi ai futuri episodi ha dovuto creare tutte le risorse necessarie prima dell’uscita del capitolo uno. Durante lo sviluppo, tuttavia, si sono presto resi conto di aver bisogno di più risorse per evitare ripetizioni.

Ciò ha causato alcuni notevoli ritardi tra gli episodi, che, combinati con la mancanza di marketing da parte di Activision—e con la decisione di limitare la disponibilità dell’epilogo alla collezione completa—hanno ridotto le possibilità di successo. Non ci sono state notizie di un nuovo capitolo da quando The Odd Gentlemen ha completato lo sviluppo di King’s Quest nel 2016; Activision ha abbandonato il rilancio del marchio di Sierra On-Line, lasciando incerto il suo futuro. Per quanto riguarda Ken e Roberta, sono entrambi in pensione, anche se parlano ancora con affetto della serie e continuano a ricevere montagne di email e di lettere dai fan. Per ora, il viaggio di re Graham è giunto al termine; ma la saga di King’s Quest è ancora amata da tantissimi giocatori, e c’è sempre la possibilità che un giorno o l’altro un nuovo avventuriero ne prenda il testimone.