Nostalgia e perennialismo: la religione in Assassin’s Creed

Un estratto dal libro "The Pop Theology of Videogames".

La serie Assassin’s Creed è conosciuta da 95 milioni di giocatori e da numerosi studiosi (ad esempio, Bosman, 2016; de Wildt, 2019; El Nasr et al., 2008; Mukherjee, 2016; Nowbari, 2012) come un gioco basato sulla religione. In poche parole, i suoi protagonisti sono gli “Assassini”, una società segreta presentata nel primo gioco come un ordine islamico che combatte i crociati Templari venuti in Terra Santa per conquistarla. Ognuno dei giochi successivi mette in scena un diverso conflitto religioso o (più tardi, sempre più spesso) politico—sullo sfondo del quale si svela il mistero di “coloro che vennero prima”: una società di divinità come Minerva, Giove e Giunone, attraverso la quale il conflitto tra Assassini e Templari può essere fatto risalire fino alla creazione dei primi esseri umani, Adamo ed Eva, la cui potente “Mela dell’Eden” è il principale oggetto per il quale le due fazioni lottano nel corso della storia dell’umanità.

Fin dall’inizio, è chiaro come un gran numero di persone sia stato coinvolto per creare e poi proseguire la storia di questo conflitto religioso, che attraversa epoche intere. Centinaia o migliaia di persone lavorano su un singolo gioco per anni—oltre 4.600 persone sono nei credits di Assassin’s Creed: Odyssey. Come funziona, e chi decide di inserire la religione in un prodotto del genere? Come dice Nicolas Guérin:

È una grande macchina. Per ogni gioco AAA, in particolare alla Ubisoft, i team sono molto grandi. Parliamo di team di oltre 600 persone in uno studio, e poi ci sono molti altri studi con cui arriviamo a circa un migliaio di persone che lavorano su un unico progetto, il che è enorme. Inoltre, ci sono molti livelli di approvazione e complicazioni politiche legate al processo decisionale e a tutto il resto. Non è che il processo sia semplicemente “pensiamo a questo” e lo facciamo. Non è così che funziona. Ma c’era una direzione generale da parte di Patrice, tempo fa.

Guérin

Anche altri fanno riferimento a una figura specifica: Patrice Désilets, spesso insieme al lead writer Corey May. Riguardo all’iconico “salto della fede” David Château, level director originale di AC1, ha dichiarato che «il salto della fede porta davvero la firma di Patrice». Gregory Belacel, junior game designer sempre in AC1, precisa: «Io ho ideato le torri, Steven Masters si è occupato del combattimento, Pat Plourde della “presentazione”, ma l’Animus e cose simili sono state un’idea di Patrice». Questo include l’aspetto religioso della premessa, descritta da Guérin come «tipica di Patrice quell’idea di religione, […] e AC1 affrontava un argomento delicato! Metteva personaggi musulmani contro personaggi cristiani, era una scelta audace. Era il tipo di posizione che Patrice voleva prendere sulle cose». Jean Guesdon sottolinea che «Patrice vi dirà che è il “padre di Assassin’s Creed”». Rendendo Guesdon, più modestamente, un padre adottivo. Quando gli viene chiesto, Patrice Désilets conferma il suo ruolo di creatore: «Io sono il padre di Assassin’s Creed», anche se poi aggiunge subito altri sviluppatori a lui vicini. «Certo, alla fine lo sono tutti. Ma il cuore, il flash1Più comune nel francese del Québec che in inglese, “j’ai eu un flash” [letteralmente “ho avuto un flash”, ndt] è un’espressione idiomatica per indicare una realizzazione improvvisa, un lampo di genio. [dell’idea originale] era mio. Corey stava scrivendo gli altri due Prince of Persia, quindi non faceva nemmeno parte del team. Jade lavorava ancora a EA. Quindi c’ero io lì!». In particolare,

Era all’angolo tra Saint-Joseph e Chambord. In una piccola casa lì, un piccolo appartamento al primo piano dove mi è stato detto: “Ok, sì, devi inventare un gioco di Prince of Persia“. E io: “Che faccio? Ne ho appena finito uno. Che devo fare?” E mi è venuto in mente Assassin’s Creed!

Désilets

L’idea di Désilets era il frutto di diverse cose, tra cui “l’istinto”, lo “Zeitgeist” e alcune indicazioni del marketing: «Nel dicembre [2003] ho incontrato Sebastien Puel, che […] era il responsabile del marketing di Sands of Time, e mi ha detto: “Oh, il fantasy non funziona molto bene di questi tempi. La next big thing sarà una cosa storica”». Leggendo il soggetto, quello che sarebbe dovuto essere un sequel del franchise Prince of Persia è diventato un gioco sulla setta dei Nizariti, così come viene descritta in «un piccolo libro della collezione J’ai Lu, un libro sulle società segrete. All’interno ce n’erano un mucchio, ma iniziava con il mito del Vecchio della Montagna e praticamente erano gli hashashin riassunti in 10 pagine» (Désilets).

Il concetto è stato sviluppato in concomitanza con una crisi di fede personale, alimentata dalla ricerca sugli hashashin per il gioco:

Avevo compiuto trent’anni – quel momento di crisi in cui ti chiedi “Che cos’è la vita, che cosa sto facendo, qual è lo scopo di tutto questo?”. Poi è scomparsa del tutto, durante la realizzazione di Assassin’s Creed, e mi sono detto: “No! Fondamentalmente io non credo!”. […] Quello che mi faceva infuriare era la chiesa! Avevo davvero un problema con la chiesa. Ho sempre amato la storia soprannaturale di Gesù quando ero bambino, quando guardi [il film] “Gesù di Nazareth”, è bellissimo ed è come se fosse magico. Ci sono trucchi di magia che vengono chiamati miracoli. Ma poi ho scoperto che era anche un fatto storico. Allora ho iniziato a leggere e da qui Assassin’s Creed e il tema delle Crociate… riguarda il dogma. Assassin’s Creed parla di dogma. È contro il dogma. Quando ho scoperto il motto degli assassini, il loro credo, dai libri letti sugli hashashin e i Nizariti – questo è ciò in cui credono ancora oggi. Che “nulla è vero e tutto è permesso” e questo è in sostanza… anche il modo in cui vivo ora la mia vita!

Questo sentimento quasi militante contro la religione istituzionalizzata era largamente condiviso all’interno del team. Cresciuti nella stessa cultura e nello stesso periodo, il nucleo iniziale—Désilets, Corey May, Alex Drouin, Philippe Morin, David Châteauneuf, Claude Langlais, Nicolas Cantin ecc. —«Tranne Corey, siamo tutti franco-canadesi con lo stesso background, nati in una famiglia cattolica. Poi all’improvviso quella cultura e quella fede sono scomparse. […] Di queste persone, nessuna direbbe di essere religiosa. Quindi eravamo tutti sulla stessa barca» (Désilets). Sono tutti figli della révolution tranquille dei loro genitori, il che li ha resi la prima generazione del Québec ad aver potuto scegliere, ad esempio, tra “religione” (un tempo corso obbligatorio) e “morale” a scuola, mentre la provincia si liberava della sua identità cattolica e dell’influenza della chiesa sullo stato.

L’obiettivo non è quello di fornire una tassonomia completa delle influenze culturali che sono finite in Assassin’s Creed attraverso Désilets (“Zeitgeist”, “la cultura di Montréal in quel periodo”, “la serie televisiva Lost” e “Il Codice Da Vinci”, tra le altre cose). Tuttavia, l’inevitabile conclusione per ora è che, anziché da una monolitica scatola nera aziendale, la visione originale di Assassin’s Creed derivi da una singola, precisa persona con esperienze e idee molto specifiche (persino iperlocali) sulla religione.

Tuttavia, quella che era nata come una specifica idea di un particolare individuo si è trasformata in un gioco di successo, e poi in un franchise—e questo ha richiesto modifiche al “controverso tema” delle Crociate, specialmente in quella che era ancora l’era di Bush, e «da qui il disclaimer del primo gioco» (Guérin). Il disclaimer «era una preoccupazione di Jade [Raymond]. Aveva paura delle pressioni dell’azienda, [perché lei] era la produttrice. Fare attenzione ai temi, assicurarsi che nessuno si arrabbi, è il compito di qualsiasi azienda. È normale, stando sul mercato!». (Désilets).

Assassin’s Creed doveva diventare un marchio “divertente per tutti”, perché

il problema della religione è che quando si rappresenta la fede di un personaggio, si cerca di farlo nel modo corretto. Ma si tratta di un videogioco, quindi sappiamo che verrà diffuso in tutto il mondo. Ci saranno molte persone che lo giocheranno, e non vogliamo che il gioco si rivolga ad alcune e non ad altre. Vogliamo raggiungere la maggior parte delle persone ed è complicato, perché vogliamo anche essere fedeli al periodo storico – a ciò in cui quei popoli, quei personaggi credevano nella loro epoca.

Mahrach

Mentre il franchise veniva codificato in una formula riproducibile e reiterata—conta 21 giochi, quattro film, nove romanzi, 12 fumetti e altri media al momento in cui questo testo viene scritto—Désilets abbandonava il progetto poco tempo dopo AC2. Se il secondo capitolo ha suscitato ancora qualche polemica (come ha detto Steven Masters, «AC2 è ambientato durante il Rinascimento, quindi certo che finiremo per prendere a pugni il Papa»), il franchise è stato successivamente ripulito per essere “divertente per tutti”.

Dopo AC2 nel 2009, diversi direttori creativi—tradizionalmente la principale figura responsabile di ciò che viene realizzato da centinaia di sviluppatori—si sono occupati contemporaneamente delle iterazioni del franchise, tanto che nei 10 anni successivi sono usciti altri 19 giochi. Sono riuscito a intervistare tutti i direttori creativi che hanno lavorato ad Assassin’s Creed a Montréal, e ho ottenuto il quadro complessivo di un processo creativo fortemente protetto, che i partecipanti e io abbiamo chiamato il sandwich “Marketing-Brand-Editoriale”. Al fianco di ogni parte dello sviluppo di un capitolo di AC (dalla progettazione e scrittura del gioco a tutti gli studi satellite che realizzano asset in Cina, ecc) ci sono tre team che lavorano a tutti i videogiochi. Il team Marketing studia ciò che i giocatori si aspettano da un’ambientazione (ad esempio, “i focus group ci dicono che i vichinghi saranno popolari quest’anno, e che vogliono divinità nordiche”); il team Brand protegge la coerenza della serie (il suo “sapore” caratteristico, se così si può dire); l’approvazione del team Editoriale completa ogni gioco per renderlo appetibile a un pubblico il più ampio possibile (Figura 1).

Figura 1 (Fonte: Siripattana Sangduen/Shutterstock.com, modificato da
Wieger Jonker)

Il principale artefice della trasformazione del brand AC in una formula coerente e riproducibile è stato Jean Guesdon, che ha iniziato come production coordinator alla fine dello sviluppo di AC1 e ha finito per mettere insieme il “team Brand”, a cui è spettato il compito di sostituire la visione di Désilets con una “Brand Bible”. Come spiega Désilets,

Ho avuto un ultimo incontro con Ubi. Era a casa mia. Jean [Guesdon], Corey [May] e io. Stabilimmo tutte le regole, tutti i grandi dadada. E un mese e mezzo dopo me ne sono andato.

Patrice

I grandi “dadada”, secondo le parole di Guesdon, sono un insieme di strumenti e di regole per assicurarsi che tutti i prodotti mediatici, soprattutto i videogiochi, siano tenuti insieme da una coerenza con il Brand.

Il mio ruolo nel team Brand era in pratica quello di spiegare di cosa parla AC, le regole che devono essere seguite da tutti gli altri. Quando abbiamo iniziato a fare romanzi, fumetti, cortometraggi, ecc., ho teorizzato e realizato alcuni strumenti di comunicazione per porre dei limiti. Ad esempio, il nostro posizionamento in merito a fede e spiritualità, il fatto che non ci schieriamo. Proviamo a vedere le sfumature di grigio di ogni fazione. Perciò non ci sono buoni e cattivi. Ci sono solo fazioni diverse, che combattono in nome di ciò che pensano sia meglio per l’umanità. Questo genere di cose.

Guedson

Questo nuovo “posizionamento in merito a fede e spiritualità” è un cambiamento essenziale rispetto alla visione antidogmatica di Désilets sulla religione, in cui i crociati Templari del gioco originale rappresentano uno status quo cristiano istituzionalizzato che vuole ingannare e controllare la popolazione, o quello che un anonimo membro del team Brand (per quasi 10 anni) ha definito l’«oppio per le masse dei Templari» (Anon-Brand).

In secondo luogo, il Marketing fornisce la base di ogni nuovo gioco di Assassin’s Creed. Sulla base di focus group e feedback, ai direttori creativi viene data un’ambientazione, e una o due nuove meccaniche di gioco da introdurre. Alexandre Amancio ricostruisce cosa significhi dirigere un gioco di AC all’interno di questa nuova struttura, in cui «avevano già iniziato Unity. […] Sapevano che si trattava la Rivoluzione Francese e sapevano che era a Parigi. E questo è tutto, e poi che ci sarebbe stata la modalità co-op. […] Quindi era come un grande puzzle. È stato il mio lavoro, cercare di capirlo». Nella maggior parte dei casi, il Marketing aveva già aveva un elenco di temi, ricavati da pitch precedenti o da ricerche di mercato, e da lì si partiva.

Guesdon: Un’ambientazione come quella dell’Egitto è molto carica di aspettative, quando si tratta di divinità, eccetera, in termini di cultura pop e di intrattenimento, e quindi sappiamo che alcuni giocatori arrivano con questo tipo di aspettative. Quindi, come possiamo offrire loro esperienze di questo tipo?
Intervistatore: Come fate a sapere cosa si aspettano i giocatori?
G: Abbiamo un team di Marketing che si occupa di questo. Come viene rappresentato l’Egitto nel mondo dell’intrattenimento? E quindi ci facciamo un’idea complessiva e ci rendiamo subito conto che è molto fantasticato. […] Si fanno dei focus group e si [chiede] alle persone cosa ne pensano dell’Egitto come ambientazione per un gioco di Assassin’s Creed.

Gli sviluppatori di tutto il franchise—dal team Brand a quello principale (director compresi), fino agli sviluppatori junior—hanno confermato il fatto che, informati delle conclusioni del Marketing su “quale sia la percezione di un certo periodo da parte della gente”, sapevano che “quello era il gioco che dovevano fare” (Anon-Brand).

Infine, il processo è completato dal team Editoriale, «un gruppo di cinque persone che difende l’atmosfera del franchise» (Ciccotti). Questo piccolo gruppo di persone «ai vertici ha più influenza di chiunque altro sulla [rappresentazione della] visione del mondo» (Lees), e il modo in cui questo avviene definisce—più che l’ideologia o la fede personale—come (e perché) la religione o qualsiasi altra cosa viene rappresentata in un certo modo. Il team Editoriale è stato variamente descritto come “lontano da qualsiasi cosa sia controversa” (Anon-livello2), “dal pestare i piedi” (Azaïzia), e “attento a far sì che nessuno si offenda” (Simard). Alla fine “arriva la chiamata dall’alto” (Azaïzia), e cioè da Parigi, dove Ubisoft nel 1986 venne fondata come azienda famigliare dai fratelli Guillemot. Come racconta il direttore creativo Alex Hutchison:

Se Yves [Guillemot] chiama dalla Francia e dice “ora facciamo sparire il cappuccio”, beh, l’azienda è sua quindi sì, facciamo sparire il cappuccio. Facciamo queste riunioni a Parigi dove prensentiamo i personaggi e la storia, e i dirigenti intervengono. Serge Hascoët, che è il CCO [Chief Creative Officer] dell’azienda, in passato ha annullato ambientazioni che altre persone avrebbero voluto dicendo semplicemente che non le trovava interessanti – ma è una sua prerogativa.

Quindi, il team Editoriale di Parigi ha l’ultima parola, e spesso si tratta di una scelta prudente. L’intero processo, dal Marketing al team principale (guidato da un direttore creativo e dal suo produttore), fino alla realizzazione del progetto da parte di quasi mille dipendenti sparsi tra lo studio principale (di solito Montréal) e i suoi satelliti in tutto il mondo, è tenuto sotto controllo nelle sue varie fasi dal team Editoriale. In tutto questo processo molto protetto il team Editoriale è quindi il decisore finale che «si rimette al mercato e al pubblico più vasto possibile» (Masters), al fine di verificare se Marketing, Brand e sviluppatori del gioco stiano producendo qualcosa che venderà.

All’interno del sandwich Marketing-Brand-Editoriale, il lavoro creativo sui singoli giochi di AC ha dei parametri ben precisi. Lo scrittore Russell Lees attribuisce la conseguente religione-per-tutti a logiche di mercato, affermando che «lavorare con la religione su scala mondiale significa che non si può escludere nessuno» (Lees). È da questo processo di inclusione calcolata che la rappresentazione commerciale della religione in AC si rivela bifronte: nostalgica e perennialista.

Nostalgia

5. I momenti cruciali della storia dell’umanità sono alla base del nostro franchise. Assassin’s Creed adotterà sempre un approccio revisionista agli eventi reali. Utilizzeremo le lacune storiche per creare la nostra storia.

“10 comandamenti”, Brand Bible di Assassin’s Creed 1.0 (2010)

La religione commercializzabile di AC è nostalgica: colloca la religione nella storia e invita i videogiocatori (laici) del XXI secolo a entrare in questo mistero. AC fondamentalmente utilizza i periodi storici per creare nuovi giochi all’interno del suo franchise. L’idea è quella di «ricavare qualcosa dagli angoli bui della storia, da un punto di vista occultista, che si ricollega all’intera cospirazione tra Templari e Assassini, ma da una prospettiva storica» (Guérin). Alla domanda sul perché il conflitto religioso sia quasi sempre al centro di questi angoli oscuri della storia, molti hanno fatto riferimento allla spiegazione di Maxime Durand, storico del Brand, secondo il quale la religione «non solo è stata la tematica all’inizio della creazione del gioco, ma è stata anche parte rilevante della storia per millenni, svolgendo un ruolo molto, molto importante» (Durand).

Oltre alla quantità di conflitti storici e di ambientazioni con cui lavorare, cosa c’è di efficace nella religione? Cosa “funziona” per gli sviluppatori? Gli elementi religiosi sono riconoscibili da un gran numero di persone: la biblica Mela dell’Eden è diventata il “MacGuffin della storia” perché «la Mela dell’Eden parla alla gente. La gente la conosce bene» (Belacel), ed è stata collocata in un luogo che il lead level director David Châteauneuf ha descritto con entusiasmo come «un luogo segreto, un luogo mistico che non esiste. [Ci siamo basati su] Petra. Volevamo che fosse come Al Khaeznek, ma sotto il Tempio di Salomone. È un luogo conosciuto e la maggior parte delle persone conosce Salomone». Gli elementi religiosi sono inoltre “mistici”, al punto che «la religione dà una marcia in più a qualcosa di semplice. Una gravitas!». (Guérin). Offre “luoghi misteriosi” (Simard) e «le persone sono facilmente catturate dalla loro magia. […] Quel simbolismo trova una risonanza nella società moderna» (Guesdon). Per dirla con le parole di Russell Lees, «le ambientazioni religiose hanno qualità drammatiche, intrinsecamente interessanti e visivamente sontuose».

Descrivendo una scena di Unity, in cui il rituale di iniziazione degli Assassini si svolge in un’epoca più secolare (la Rivoluzione francese), il direttore creativo Amancio spiega come e perché si sono attenuti all’estetica religiosa:

l’estetica delle candele, della pietra, dei cappucci… sono cose universali che esistono da molto tempo. Quindi trasmettono un certo senso di soggezione e mistero.[…] Quindi abbiamo giocato su questo. Cosa c’è da dire sulla luce arancione tremolante, è una cosa che parla a qualcosa che è dentro di noi. È una cosa molto, molto antica, giusto?

Amancio

In sostanza, proposta attraverso il “turismo storico” di AC (Russell), la religione diventa qualcosa di più riconoscibile per tutti—indipendentemente dalla loro provenienza—perché è antica e misteriosa per un pubblico del XXI secolo: «dal mondo antico, qualcosa di molto criptico—le vecchie religioni come il cattolicesimo hanno una loro mistica” (Anon-livello2). Usando «la storia come un campo da gioco» (Masters), AC offre a tutti un modo nostalgico di ricollegarsi allo «stupore e al mistero» della religione che diversi sviluppatori (tra cui Désilets, Russell e Guérin) hanno paragonato all’opera di Dan Brown:

Il Codice Da Vinci, è la stessa cosa. È religione che ha il potere di essere mistica e allo stesso tempo di essere fonte di ispirazione per tante persone. Ha questo potere occulto. Il successo di Dan Brown è dovuto al fatto che è così facile inserire dei significati nascosti nelle religioni della storia, e la gente ama avere la sensazione di trovarsi di fronte a qualcosa di grande, di importante”.

Guérin

Perennialismo

7. Assassin’s Creed si basa sulla tecnologia – Niente è magico. Tutto ha una spiegazione tecnologica plausibile.

“10 comandamenti”, Brand Bible di Assassin’s Creed 1.0 (2010)

La religione commercializzabile di AC è inoltre perenne: collega culture ed epoche diverse attraverso un conflitto astratto di fondo che continua nel mondo di chi gioca, qui e ora. Mentre il conflitto iniziale della Terza Crociata di AC1 è tra i Cavalieri Templari e gli hashashin in Terra Santa, nel 1191 a.C., AC2 riguarda l’autorità papale dei Borgia e gli Assassini laici nell’Italia rinascimentale. Unity colloca queste fazioni su due fronti della Rivoluzione Francese; e Origins si svolge 2.000 anni prima delle Crociate, con al centro della storia gli Occulti contro l’Ordine degli Antichi, e così via. Come spiega un membro anonimo del team Brand:

I momenti storici cruciali sono spesso guidati dalla religione. È una parte importante della storia umana. Ma ovunque si trovino i Templari, è certo che si tratta di un luogo di potere. Non sono sempre cristiani, semplicemente rappresentato lo status quo del tempo. E in altri periodi si chiameranno in modi diversi: l’Ordine degli Antichi, l’Abstergo, ecc.

Che sia religioso o, in alcuni periodi, laico, il conflitto di AC è perenne: “ordine” contro “libertà”, “status quo” contro “resistenza”, ed è quindi rilevante in tutti i luoghi e in tutte le epoche, e accessibile a giocatori di ogni cultura. La “prospettiva perennialista”, divulgata da Aldous Huxley nel 1945, suggerisce che dietro alle differenze tra le fedi religiose, i vocabolari e i rituali di culture e periodi diversi, ci sia un mistero universale di fondo (Huxley, 1945). Nel caso di AC, il franchise presenta uno scontro perenne e globale in cui «il contesto storico determina quale forma prende il conflitto» (Amancio). Al centro c’è un mistero universale, appetibile a chiunque, secondo Anon-livello2: «Le vecchie religioni come il cattolicesimo hanno una loro mistica: usarla per un gioco è perfetto, sia che si tratti di un canto gregoriano, o di qualcosa di bizantino o indiano, i giocatori di tutto il mondo diranno: “Oh, questo è mistico, è qualcosa di fantastico”».

Questa ricerca di misteri nascosti nella storia è il fulcro del franchise, e si tratta di un metodo che Guérin, nella sua intervista, ha definito «un approccio cabalistico alla scoperta di significati nascosti nella religione attraverso la storia, che crea una sorta di terza lettura delle cose». Guesdon ha altresì collegato la strategia di AC alla possibilità di «attingere a questa cultura dilagante del simbolismo religioso, dell’esoterismo», definendola

la teoria cospirativa delle religioni: ognuno ci si può immergere, può mettersi in gioco, ci si può dedicare, può costruirsela da solo. È questo il bello dell’esoterismo. Basta dare dei punti da connettere e la gente creerà i collegamenti. […] Il franchise è diventato fortissimo perché abbiamo gestito la transmedialità. Quindi, si possono consumare solamente i giochi, ma ogni singola creazione è anche un punto [all’interno dell’intero franchise] e le persone, i giocatori, i lettori e gli spettatori che consumano diversi giochi, film e così via fanno i collegamenti e si sentono intelligenti, dicendo: “Porca miseria. Capisco molto meglio ora!”.

Guesdon

Il mistero di AC viene deliberatamente presentato da Ubisoft nel “presente”, attraverso i diversi media del franchise. Per questo motivo, gli appassionati possono mettere insieme l’intera narrazione solo acquistando ogni gioco, film, romanzo e fumetto, per scoprire la verità su come entità divine e segrete manipolino i conflitti storici degli esseri umani: gli Isu, i cui nomi (Giove, Minerva, Giunone) alludono alla percezione della loro divinità da parte delle prime civiltà.

Titolo
The Pop Theology of Videogames
Autore
Lars de Wildt
Editore
Amsterdam University Press
Anno
2023
Quello che gli appassionati scoprono man mano che il franchise va avanti e che combinano le loro conoscenze attraverso forum online ed enciclopedie autoprodotte, è che queste prime divinità in realtà costituiscono una società molto avanzata dal punto di vista scientifico, che si tramanda la tecnologia nel corso della storia. Quindi, Adamo ed Eva erano solo la prima creazione dell’Isu (l’umanità, fatta per essere schiavizzata). La Sindone di Torino è un “rigeneratore di materia nanotecnologico” in grado di guarire il proprietario, un tempo posseduta da Gesù e da Giasone e gli Argonauti, che la chiamavano Vello d’Oro. La Mela dell’Eden era un dispositivo neurotrasmettitore di controllo mentale che, secondo le parole di un personaggio di AC1, “trasformava le doghe in serpenti. Ha diviso e chiuso il Mar Rosso. Eris lo usò per iniziare la guerra di Troia; e con esso un povero falegname trasformò l’acqua in vino”.

Così, l’esoterismo perennialista dell’AC traduce tutti i misteri delle religioni storiche nel vocabolario della scienza del XXI secolo. Nel presente i giocatori di AC scoprono che tutti i misteri religiosi sono in realtà tecnologia. La Brand Bible stabilisce che “niente è magico nell’universo di Assassin’s Creed”. La terza legge di Arthur C. Clark lo dice meglio: “Qualsiasi tecnologia sufficientemente avanzata è indistinguibile dalla magia”, o come dice l’autore della Brand Bible, «abbiamo sempre previsto che la prima civiltà [Isu] sia esistita realmente, e abbia lasciato manufatti che sono veri e propri strumenti. […] Le persone sono attratte molto facilmente da questo tipo di storie e di dispositivi» (Guesdon). Secondo il libro di Wouter Hanegraaff sull’esoterismo nel pensiero secolare, i racconti “di antiche civiltà che erano superiori alla nostra nella conoscenza sia spirituale sia tecnologica appartengono al bagaglio dell’occultismo occidentale”. (1996, p. 309). La “singola fonte più influente” per questo tema, una figura seminale nello sviluppo del pensiero New Age, è stato il chiaroveggente americano Edgar Cayce, i cui racconti delle vite passate dei propri pazienti—molto simili alla premessa dell’Animus in AC—hanno goduto di un’ampia popolarità. Attraverso questi racconti “Cayce descrive una tradizione di ‘saggezza perenne’ che si trasmette da Atlantide all’Egitto, e dall’Egitto al ‘grande iniziato’ Gesù” (Hanegraaff 1996, p. 309).

Il franchise di AC fa leva su questo stesso desiderio di dare un senso a disparati misteri religiosi. Inoltre, sfrutta il bisogno dei giocatori di svelare questi misteri, rivelando la spiegazione nel corso di 21 giochi, quattro film, nove romanzi, 12 fumetti e altri media. Questa religione commerciabile viene, in primo luogo, resa nostalgica collocandola in modo sicuro in periodi storicamente appropriati; in secondo luogo, viene resa perenne legando insieme tutti i periodi attraverso una verità mistica universale; e in terzo luogo, viene resa attuale portandola nel vocabolario scientifico del XXI secolo. Di conseguenza, il franchise stesso ottiene una struttura esoterica, cioè dipende dalla connessione eterogenea di conoscenze occulte o segrete (corrispondenze storiche, sincretismo tra tradizioni, immagini simboliche) provenienti sia da fonti mistiche che storiche (Faivre & Needleman, 1993; Hammer, 2001; Hanegraaff, 1996). O, nelle parole di Guesdon su AC:

Quando ero responsabile del Brand, dovevamo ridurre al minimo il rischio di incoerenze e massimizzare le opportunità di connessioni, collegamenti, rimandi tra un prodotto e l’altro. In questo modo le persone partono da qualcosa che è già conosciuto, ma pensano di essere intelligenti, più intelligenti del resto dell’umanità, e quindi capiranno cosa c’è dietro a tutto. Questa è l’esotérie. […] È la ricerca di un punto di equilibrio tra ciò che è noto [e] ciò che non si conosce. E in questa zona grigia le persone si sentiranno coinvolte. […] Credo che sia questo il motivo per cui AC ha avuto successo a un certo punto.

Guesdon