Pentiment come viaggio iconologico

Un’opera filologicamente corretta e raffinata nella sua forma estetica.

La relazione fra videogiochi e storia non è delle più semplici: spesso l’ambientazione non è accurata, oppure ci troviamo in presenza d’incorrettezze, semplificazioni ed esagerazioni. Una questione più interessante è quella della letteratura che compare nei videogiochi. Ricordo, ad esempio, citazioni filosofiche in Deus Ex, la struttura narrativa di BioShock, mutuata da La Rivolta di Atlante di Ayn Rand, libri di filosofia in L.A. Noire, intere biblioteche in Morrowind (compresa una serie di libri nella quale s’infrange la quarta parete). C’è poi un genere che si nutre di romanzi gialli e conspiracy theories—il caso forse più famoso, perché più letterario, è Gabriel Knight 3: Il mistero di Rennes-le-Château, basato in parte sul saggio Il Santo Graal di Baigent, Leigh e Lincoln. Tale saggio è anche alla base della trama del Codice Da vinci, e viene ridicolizzato da Eco ne Il pendolo di Foucault.

Di nuovo, si tratta di una conspiracy theory sulla natura mortale di Gesù e la sua progenie merovingia, sui Templari e sulla misteriosa simbologia della chiesa di Rennes-le-Château. L’aspetto avvincente del gioco—che s’inserisce in una spettacolarizzazione di questa microstoria—è che il giocatore è libro di navigare nelle locazioni geografiche attraverso l’impiego di una interfaccia a telecamera libera. È un tropo retorico delle avventure grafiche della serie Gabriel Kinght quello di ambientare il gameplay all’interno di una cornice storico-geografica reale, con ricostruzioni fantasiose di città, musei, quadri, libri ed eventi storici.

Di norma, quindi, è difficile constatare che un videogioco mainstream abbia come imperativo la coerenza e la correttezza storica. Se si escludono casi di videogiochi educativi, una nicchia che spesso risulta essere ingiocabile, l’idea che alla basa della struttura narrativa e dell’ambientazione ci debba essere un lavoro di ricerca filologica, è assente. Un caso particolare potrebbe essere quello di Kingdom Come: Deliverance, ambientato nel XV secolo in Boemia.

Pentiment, della software house Obsidian (che ci ha dato un episodio della serie di Fallout e The Outer Worlds), è invece un’avventura grafica estremamente filologica—al punto che, nei titoli di coda, è possibile consultare una bibliografia delle fonti utilizzate. Ambientato nella Bavaria del XVI secolo, Pentiment narra la storia di un miniaturista impegnato nella soluzione di alcuni delitti (la morte di un barone e di un carpenterie protorivoluzionario); nella terza parte del gioco, al miniaturista verrà sostituita la figlia di uno stampatore.

In Pentiment non si può perdere—il titolo stesso rimanda al fatto che il giocatore può solamente scegliere: la biografia e le specializzazioni del personaggio, le domande che pone agli NPC e chi accusare nella risoluzione dei casi. In pratica, compiendo delle scelte si escludono delle possibilità, vuoi perché il personaggio, data la sua formazione, non può dialogare o non può conoscere certi dettagli, vuoi perché scegliendo di accusare qualcuno si altera l’intera struttura dell’ambientazione, composta da un piccolo villaggio, dai suoi dintorni e da una doppia abbazia. Ciò invita il giocatore a ricominciare il gioco compiendo delle scelte alterative, per scoprire tutti i dettagli e i misteri che altrimenti gli sarebbero preclusi. Certo, la struttura della trama è in parte lineare, nel senso che gli atti principali e il finale, a prescindere dalle scelte compiute, accadranno indipendentemente dalle decisioni del giocatore.

Pentiment (Fonte: fan kit)

L’aspetto grafico di Pentiment è ciò che lo rende più interessante rispetto ad altri titoli ambientati in simili contesti storici: si tratta infatti di uno stile 2D mutuato dalle forme tipografiche e visuali dei libri del ‘500, e influenzato da libri d’ore, enciclopedie, cronache, bestiari ed erbari. Con una trama del genere si potrebbe pensare che Pentiment sia una specie di trasposizione virtuale de Il nome della rosa, ma il romanzo storico di Eco è ambientato nel XIV secolo, mente Pentiment è ambientato nell’epoca della stampa, delle scoperte geografiche e della Riforma.

Per questo Pentiment è piuttosto leggibile come una trasposizione videoludica di saggi come Il formaggio e i vermi dello storico Carlo Ginzburg o di romanzi come Q del collettivo di autori Luther Blisset (oggi Wu Ming). Che il protagonista, Andreas Maler, sia un miniaturista proveniente da Norimberga, dotato di una formazione universitaria, anche se incompleta, e non un monaco-detective, è una differenza fondamentale. Questo perché il carattere stesso di Maler è determinato dal suo essere un ‘uomo tipografico’, per usare un’espressione di McLuhan, quasi completo. Dico ‘quasi’ perché è evidente che Maler non è interamente un personaggio logico e calcolatore come l’archetipo del detective holmesiano, ma una persona caratterizza da un lavoro oltre l’indagine (la scrittura di un libro d’ore), e da dubbi filosofico-religiosi che lo pongono in una costante dialettica fra fede e scienza, fra religione e secolarizzazione, fra politica e religione.

Insomma, Maler ha un piede nel medioevo e uno nella modernità. Questa dualità risulterà centrale anche a livello di gameplay, dato che la struttura dell’ambientazione rispecchia la dialettica interiore del protagonista. Il villaggio di Tassing si opporrà al bosco e all’abbazia di Kiersau, e a sua volta il villaggio sarà suddiviso in una parte contadina, un centro storico e una parte ‘borghese’. Nel corso del gioco si osserveranno le mutazioni storiche che accompagneranno il corso dei decenni, seguendo filologicamente la trasformazione da una cultura prevalentemente feudale ad una più vicina alla borghesia secolarizzata del tardo XVI secolo. Il lavoro di Maler costituisce una professione in via d’estinzione—egli si ritrova assieme ai monaci a ricopiare e illustrare libri che a breve potranno essere replicati in infinite copie dai torchi dei tipografi. Non è un caso, quindi, se nella parte finale del gioco, che si svolge molti anni dopo l’inizio, la protagonista sarà una donna e la sua occupazione quella di aiutare il padre nella sua stamperia.

L’ambientazione e i personaggi evocano un mondo in trasformazione, composto dal contado che sempre meno vorrà essere soggiogato alle crescenti politiche di tassazione volute dai nobili e dal clero, dalla classe borghese (medici, inventori, stampatori), da classi intermedie (mugnai) e da monaci.

La questione del rapporto con la cultura del passato è centrale in Pentiment. Chi ha letto Q e Il formaggio e vermi troverà non poche somiglianze con l’ambientazione del gioco. In particolare, la questione della Riforma—il clamore delle tesi luterane e le rivolte contadine mosse da gruppi ‘protorivoluzionari’ come gli anabattisti, caratterizzano la dialettica fra le varie classi come una costante frizione che sfocerà in una vera e propria rivolta, parzialmente soppressa dall’arrivo dei Lanzichenecchi.

Pentiment (Fonte: fan kit)

Il nucleo narrativo attorno cui ruota il gioco è un aspetto che chi ha familiarità con le ricerche iconologiche del Warburg Institute di Londra e con la microstoria di Ginzburg coglierà con facilità. L’ambientazione del gioco, infatti, non mostra solo una stratificazione sociale, ma anche una profondità temporale. Già dall’inizio, infatti, il giocatore potrà osservare delle rovine romane—un acquedotto, una statua in frammenti e un bassorilievo nel bosco. Due immagini—i resti della statua di San Maurizio e il bassorilievo di Santa Sazia—sono da subito sospette.

Proseguendo, il giocatore verrà a conoscenza del fatto che il libro che descrive l’epoca romana di Tassing è andato perduto. Chi ha familiarità con l’iconologia non tarderà molto a capire che i resti romani di Tassing, iscritti nell’introvabile Historia Tassie, sono il nodo centrale della contesa fra contadini, borghesi e clero. Santa Sazia è rappresentata come Diana, mentre i resti della statua del ‘presunto’ Maurizio rinviano al dio Marte. In una chiesa non lontana dall’abbazia, inoltre, è possibile vedere un affresco che contiene un ulteriore dettaglio iconografico sospetto: si tratta di una madonna che tiene in mano un labirinto.

Parlando con contadini e viaggiatori che vivono all’esterno delle mura della città, il giocatore potrà venire a conoscenza del fatto che, prima dell’epoca romana, a Tassing si veneravano altri dei, in particolare Perchta, rinominata più tardi dai romani Diana e adorata nel XVI secolo come Santa Sazia. Se si vuole capire, oltre a gioco, la stratificazione iconologica che queste mutazioni delle divinità descrivono, basta leggere La sopravvivenza degli antichi dei dello storico dell’arte francese Jean Seznec. Da questo e altri simili studi del Warburg Instituite è possibile scoprire come le divinità greche e romane verranno, nel corso del medioevo, dimenticate o trasfigurate nella forma di divinità astrologiche babilonesi e arabe, viaggiando in una forma irriconoscibile nelle enciclopedie e nei trattati di astronomia e magia, per poi riacquisire la loro forma antica nel corso del Rinascimento.

La storia della sopravvivenza degli dei non è semplicemente suggerita in Pentiment—il giocatore, in momenti cruciali del gioco, assisterà alla rievocazione di festività invernali e primaverili, legate al culto dei morti e al culto della fertilità. Se si pone un po’ di attenzione a ciò che i contadini rivelano a proposito della storia arcaica di Tassing, ci si troverà di fronte ad una cosmologia antichissima, lo stesso viaggio proposto da Carlo Ginzburg in Storia Notturna. Ciò che si manifesta in questi momenti di collettività contadina, non è l’elogio delle divinità romane o cristiane, ma la connessione con riti di origine sciamanica—la dea Perchta, infatti, è solo uno dei vari nomi che le popolazioni mediterranee, del nord e dell’est Europa hanno dato alla ‘signora delle bestie’, ovvero ad un culto sciamanico legato al passaggio fra la vita e la morte. L’esistenza di tale culto, mostra Ginzburg, è documentabile attraverso lo studio comparativo di miti, riti, tracce iconografiche e verbali redatti dagli inquisitori fra ‘400 e ‘800.

Evidentemente, il fatto che Pentiment sia ambientato nell’epoca della stampa e della Riforma si riflette in questa costellazione di riferimenti alla sopravvivenza degli dei e alle mutazioni delle forme della vita religiosa. Nella fase finale del gioco ci si troverà di fronte alla riscoperta del nucleo cultuale romano di Tassing—un culto che il giocatore aveva intravvisto nel labirinto: in pratica, al disotto della superficie monastica e cristiana, sarà possibile ritrovare un tempio dedicato a Mitra.

Pentiment (Fonte: fan kit)

Nella fase finale del gioco, quella in cui s’impersona Magdalene, la figlia del tipografo, il compito sarà quello di ricostruire la storia di Tassing, in modo da preparare il programma per l’affresco nella rinnovata sala comunale della città. In quest’opera di scavo, di ricerca d’indizi e informazioni, nuovamente le decisioni del giocatore implicheranno ciò che alla fine verrà rappresentato—una scelta che viene descritta come un inevitabile ‘tradimento’ della ‘vera storia’. Nell’affresco finale, coronato dalla copia degli antichi affreschi romani del tempio di Mitra, il giocatore vedrà raffigurati i soggetti che avrà scelto di enfatizzare, mentre a lato troverà la riproduzione delle genealogie dei cittadini della città.

Pentiment non è solo un’opera videoludica filologicamente corretta e raffinata nella sua forma estetica, è anche una porta che apre all’iconologia, alla storia e alla teoria delle religioni, poiché pone di fronte al giocatore il compito di osservare il lavorio di cancellazione e occultamento del tempo. Solamente ripercorrendo più volte le stesse vie e scegliendo di interpretare un ruolo e non un altro, si potrà avere una ricostruzione completa dell’universo del gioco. Una struttura che è come quella di un labirinto multicursale, che però non finisce nella cornice diegetica del gioco, ma si apre alla sconfinata ramificazione del mondo reale.

E così, una volta finito Pentiment, ho cercato di proseguire gli spunti nei libri di Ginzburg, McLuhan e Seznec, finendo, per caso, a scoprire che persino al di sotto della zona nella quale vivo—i Colli Euganei—esisteva un culto della ‘signora delle bestie’, qui venerata sotto il nome di Reitia, divinità che governa il destino degli uomini nel passaggio fra la vita e la morte e che viene considerata donatrice della scrittura. Disseminati fra i colli si possono quindi trovare delle statue votive, delle tavolette di bronzo e perfino dei templi ad essa dedicati. Infine, cercando informazioni aggiuntive sono venuto a conoscenza di una petizione rivolta al sindaco e alla giunta comunale di Padova, nella quale un gruppo di cittadini chiedevano che venissero fatti degli scavi sotto la Basilica di Sant’Antonio, in modo di riscoprire quello che secondo alcuni dovrebbe essere un antico tempio di Reitia.

A Rètia s’ainatei vebèlei
Vera figura, vera natura,
slansada in ragi come ‘n’aurora,
che tutti quanti ti ne inamora:
to fià xe ‘l vento, siroco o bora
che svegia sgrìsoli de vita eterna,
signora d’oro che ne governa

Andrea Zanzotto

Bibliografia

  • Blisset, Luther, Q, Torino, Einaudi, 2014.
  • Ginzburg, Carlo, Il formaggio e i vermi. Il cosmo di un mugnaio del ’500, Milano, Adelphi, 2019.
  • Ginzburg, Carlo, Storia notturna. Una decifrazione del sabba, Milano, Adelphi, 2020.
  • McLuhan, Marshall, La galassia Gutenberg. Nascita dell’uomo tipografico, Roma, Armando, 2011.
  • Seznec, Jean, La sopravvivenza degli antichi dei. Saggio sul ruolo della tradizione mitologica nella cultura e nell’arte rinascimentali, Salvatore Settis (a cura di), Torino, Bollati Boringhieri, 2015.