Sette giochi vaporwave prima della vaporwave

Alcuni titoli usciti negli anni '80 e '90 rispettano le regole di un’estetica ispirata proprio a quei decenni.

Cos’è la vaporwave? La risposta è relativamente semplice: una corrente musicale ed estetica che si ispira ai prodotti culturali degli anni Ottanta e Novanta. Laser, tramonti rosso carminio, realtà-virtuale-tipo-Tron, spiagge, città altissime: niente di tutto questo può mancare nei mash up pazzi che gli utenti hanno postato su Tumblr con l’hashtagaesthetic.

Sì, ma cos’è veramente la vaporwave? A questo punto la faccenda si complica. Ecco come hanno risposto alcuni appassionati:

“L’eco lontana della nostra infanzia nei 90s”.

“Una critica distopica del capitalismo 理解できますか”

“La nostalgia dell’idea di futuro che si aveva nel passato”

Come dimostrano i commenti al remix della sigla del Maurizio Costanzo Show la vaporwave nasconde il suo significato come un’opera d’arte moderna. Anche la dicitura aesthetic, un concetto in parte simile, non ha una definizione precisa, ma si riferisce a una sensazione che alcuni utenti di Tumblr provano a ricreare rebloggando fotografie, GIF e grafiche. Possiamo ritrovare gli stessi toni in alcuni videogiochi di venti o trent’anni fa: riportarli alla luce è un’autentica esperienza vaporwave, perché sono stati pubblicati negli anni Ottanta e Novanta e rispettano le regole di un’estetica ispirata proprio a quei decenni.

Eccone alcuni.

Pepsi Man (PlayStation)

Prima del 1999 Pepsiman è conosciuto solo in Giappone grazie a una serie di spot tv che mettono in evidenza i suoi inutili poteri: evocare lattine dal nulla e farsi male alla fine di ogni missione. La fama internazionale arriva con il videogioco della KID: l’idea è infilare il maggior numero di loghi rossoblù in uno spazio virtuale a 32 bit. La vaporwave, che ha fatto della Pepsi un culto, non poteva non innamorarsi di un’operazione così folle e al limite della distopia consumistica.

Il gameplay è semplice: il giocatore deve arrivare da un punto A a un punto B evitando gli ostacoli e raccogliendo lattine. Due cose rendono memorabile questo titolo. Innanzitutto, nonostante sia più una pubblicità che un videogioco, come videogioco non fa schifo, anzi. Inoltre, nell’elementare narrazione, la bevanda gassosa rappresenta lo scopo dei nostri sforzi e, allo stesso tempo, una minaccia. A volte il boss finale è una lattina gigante che rischia di schiacciarci, mentre i brevi filmati di intermezzo mostrano un ciccione che si abbuffa di cibo spazzatura e Pepsi: esattamente il tipo di persona che nessuno vorrebbe diventare.

LSD (PlayStation)

Come fai a spiegare un sogno a uno che non ha mai sognato? È un po’ come spiegare l’essere vivi a uno che non è mai esistito. Le persone che hanno subito danni al lobo parietale del cervello non possono avere una fase onirica. Questa mancanza, oltre a creargli seri problemi psicofisici, li esclude dall’esperienza metafisica fondamentale alla quale ognuno di noi ha diritto. Non possono sapere che in quei luoghi sospesi il tempo scorre in modo diverso e che le situazioni hanno una coerenza molto fragile e particolare. Per aiutarli bisognerebbe acquistare una PlayStation 1 e il titolo LSD: un emulatore di sogni.

Il gioco non ha obiettivi, è un’esperienza esplorativa. Gli ambienti surreali e conturbanti si dissolvono e cambiano dopo 10 minuti di vagabondaggio, se cadete da una scogliera o se interagite con determinati oggetti. Con il passare dei giorni, nel gioco, e quindi con il susseguirsi dei mondi, un grafico del vostro viaggio viene aggiornato. Nel tempo i “livelli” diventano sempre più surreali e psichedelici aumentando l’intensità della vostra esperienza. La visuale è in prima persona per ricordarvi che siete solo voi e nessun altro a provare quei sentimenti di straniamento e di euforica angoscia. Cosa c’è di più vaporwave che sognare attraverso un videogioco creato nel 1998?

P.S.: Ok ora che siamo arrivati alla fine e solo in pochi sono rimasti a leggere vi posso confessare quello che Sony non ha mai ammesso: LSD è un emulatore di droga, ovviamente.

LSD (Fonte: Youtube)

Solitario (Windows 95 & 98)

Il curriculum di Susan Kare vanta la creazione dell’interfaccia grafica del primo Macintosh, la definizione dei font della Apple e il celebre nodo scandinavo ⌘ posto sul tasto “command” che state usando per copiare e incollare questo pezzo all’amic* nerd che vi piace. Però nessuna di queste creazioni può minimamente scalfire il vero capolavoro dell’artista newyorkese: i disegni sulle carte del solitario di Windows. Immaginatela mentre si dondola su una vecchia sedia da ufficio, con le New Balance appoggiate sul tavolo e pensa: “Per i ragazzi potrei fare un robottino rosso su sfondo blu, per le nonne quattro pesci pagliaccio su sfondo blu e azzurro, per la gente senza gusto e per gli psicopatici una conchiglia su macchie di colore random, per i malinconici un castello di notte con i pipistrelli, per gli allegrotti una mano su sfondo giallo che tiene tre assi con un quarto che viene fuori dalla manica e poi per gli stressati che impazziranno dietro al loro primo computer una palma e il mare”. In quel momento Susan ci bucava il cervello obbligandoci a ricordare quelle strane immagini per sempre.

Oggi la vaporwave, nel suo frullato di nostalgia ovattato e lisergico, riprende l’estetica dei primi Windows e di quei colori elettrici e nervosi. Se volete avere una botta purissima di vaporwave sparatevi una partita a solitario, scegliendo il dorso palme che si presta alla perfezione e fate in modo di finirlo per arrivare a quell’infinita cascata di carte che ci teneva incollati allo schermo in pigiama quando prima di andare a dormire ci veniva concessa una partita.

Fluid (PlayStation)

In Fluid ci sono templi, tralicci sommersi e distese di coralli, ma il collegamento con la vaporwave è più profondo. Nel 1992, quattro anni prima del delfino di Fluid, il protagonista di Ecco the Dolphin intraprende un viaggio attraverso fondali oceanici belli e quasi vuoti. Poi, nel 2010, quando un manipolo di creativi in fissa con audiocassette e luci al neon dà forma alla vaporwave, “Ecco” ne diventa il volto comparendo in copertina a Eccojams vol. 1, uno degli album fondativi del genere.

I richiami tra Fluid e Ecco the Dolphin sono tanti, ma all’azione e alla trama del predecessore, il titolo di Sony sostituisce un paesaggio da esplorare senza un obiettivo preciso. Non ci sono nemici, non esiste la possibilità di spostarsi liberamente: possiamo solo emettere versi e andare avanti esplorando dieci scenari diversi. Un editor a parte consente di mixare le tracce attraverso l’attivazione e la disattivazione di alcuni suoni. Non è questo lo scopo del gioco: l’importante, in Fluid, è rilassarsi ed entrare in sintonia con un viaggio senza fine. I panorami surreali e sospesi nel tempo ricordano alcune composizioni della vaporwave in cui sembra che l’universo si sia accartocciato su se stesso dando vita a un luogo incoerente, privo di vita ed eternamente uguale. Dove sta andando il nostro delfino? Perché le uniche tracce di civilizzazione che incontriamo sono in rovina? L’uomo è forse scomparso per sempre? Siamo sulla Terra o in un meraviglioso e malinconico sogno?

Tetris (Cd-i)

Questa versione di Tetris non è la classica da Game Boy grigia e monacale, senza fronzoli, organizzata come allenamento per le menti autistiche che vedono scendere i pezzi sempre più velocemente fino a diventare tutt’uno con il gioco, muovendo i pollici in modo febbrile, emettendo versi gutturali, con le vene che si gonfiano negli occhi fino a che la cartuccia non comincia a fumare e la massa di tetramini non invade lo schermo. Tetris Cd-i non è così. Il lettore multimediale della Philips ha pensato questo adattamento come esperienza visiva rilassante e quasi metafisica o forse il gioco gli è riuscito proprio male ed è rimasta solo la cornice surreale.

Il ritaglio di schermo nero all’interno del quale scendono i pezzi e scorrono i punteggi si apre come in una finestra stellare su un paesaggio naturale: una cascata scrosciante, un ruscello che scorre vicino al bosco, poi un deserto, una valle, una fitta foresta. Ad accompagnare questi quadri stranamente evocativi c’è la bellissima musica di Jim Andron che accende la nostalgia e assomiglia a quei vecchi motivi di pianoforte low-fi che ti mettevano in attesa al telefono, in una di quelle chiamate dove alla fine non rispondeva mai nessuno.

Il vantaggio di questo gioco è che è più bello da vedere che da giocare, per questo potete avviate comodamente il video in cima a questo paragrafo e godervi lo spettacolo. Momento vaporwave estremo, da legarsi alla sedia, è al minuto 0:15.

Tetris CD-i (Fonte: Youtube)

Wave Race 64 (Nintendo 64)

Il mare spigoloso e imperfetto dei videogiochi anni ‘90 è il luogo dove vuole essere sepolto ogni amante della vaporwave, poi se in superficie fanno delle gare di moto d’acqua con le tutine attillate viola e blu, i tramonti caramellosi che invadono l’oceano e le pubblicità della Fanta nascoste qua e là, allora questo è davvero un posto dove passare la vecchiaia. Wave Race 64 è il seguito di un titolo per Game Boy del 1992, arricchito da una giocabilità molto fluida e da una grafica che per l’epoca superava ogni aspettativa. Nel gioco si può fare il classico campionato a tempo contro altri piloti o la versione Stunt Mode dove ci si lancia in pazze acrobazie e dove si attraversano anelli galleggianti sparsi sulla pista. La musica è rilassante, cadenzata e infarcita di synth e finte chitarre elettriche che ti permettono di fare le corse con un mood molto rilassato ed estivo.

Il vero tesoro nascosto di questo gioco è la possibilità di sbloccare un delfino e cavalcarlo, ecco come. Andate in Stunt Mode e selezionate lo scenario che si chiama Dolphin Park, poi completate il percorso facendo fare alla vostra moto tutti i trick disponibili. Se alla fine della gara sentite il richiamo del simpatico mammifero allora è fatta. Selezionate la versione “allenamento” del gioco e avrete la bestia a vostra disposizione per saltare, fare piroette e sgommare tra le onde pixelate degli oceani irreali firmati Nintendo 64.

Out Run (Varie)

Prima di lasciarci in eredità un paio di cosette non proprio facili da gestire, come una tremenda crisi economica globale e il collasso dei mercati finanziari internazionali (fa abbastanza paura detta così?), gli anni Ottanta ci avevano promesso un futuro luminoso. La vaporwave rappresenta la nostalgia, ma soprattutto la parodia, di quella visione ottimistica. Chi gli 80s non li ha vissuti, o chi non li ha approfonditi abbastanza, può ritrovarli perfettamente rappresentati in Out Run.

Il giocatore interpreta un boro in canottiera che prende i 300 km/h su una Ferrari Testarossa Spider mentre una compagna bionda sul sedile del passeggero lo incita ad andare più veloce. Lo scopo è terminare la corsa scansando macchine e camion: se facciamo troppi incidenti, o se non acceleriamo abbastanza, il tempo scade e dovremo ricominciare daccapo.

Out Run (1986) occupa un posto speciale nella storia dei videogiochi grazie a una serie di scelte innovative come la grafica avanzata e alcune opzioni di gameplay. Oggi resta soprattutto un’esperienza di super coolness anni Ottanta, il viaggio di uno yuppie sotto allucinogeni. Poi gli yuppies sono stati sostituiti da darkettoni ed emo, noi siamo diventati consapevoli che non potremo mai permetterci una fuoriserie e Out Run si è trasformato in un meme vaporwave: un po’ rimpianto, un po’ perculato e, ogni tanto, osservato da lontano, magari ascoltando uno di questi remix retrowave della leggendaria colonna sonora.