Siete in un paese meraviglioso

La guida simulata nell’Italia di Forza Horizon 2.

La strada, dunque, è usata sempre meno
per viaggiare e sempre più per svagarsi.

Marshall McLuhan 2001, p. 104

Forza Horizon 2 è ambientato in una fittizia Europa meridionale i cui contorni non corrispondono a configurazioni cartografiche riconoscibili. Questo pastiche include elementi ascrivibili alla Toscana, alla riviera ligure, alla costiera amalfitana così come alla Provenza e alla Costa Azzurra. [Fig. 14, 15, 16]. Forza Horizon 2 può causare effetti di dissonanza cognitiva a un giocatore italiano. La commistione tra realtà e fantasia, vissuto e visto genera cortocircuiti a catena. Sotto la direzione di Seth Brown1, il team grafico di Playground Games ha disegnato scenari ispirati a località reali (per esempio, Nizza o Sisteron, in Francia), ma anche al mediascape contemporaneo (cinema, fotografia e televisione, pubblicità e rotocalchi)2.

Un estratto dal libro
Il videogioco in Italia
A cura di
Marco Benoît Carbone e Riccardo Fassone
Editore
Mimesis
Anno
2020
La sezione italiana della mappa è un assemblage di pezzi del Piemonte, della Toscana, della Liguria e della Campania. La mappa prevede tre centri abitati principali—Castelletto, Montellino e San Giovanni—circondati da aree rurali e zone costiere. Si tratta di nonluoghi digitali, riconoscibili e irriconoscibili: Castelletto non corrisponde al quartiere residenziale di due chilometri quadrati situato sulle alture che sovrastano il centro storico di Genova e che s’incastra come un tetramino tra i quartieri Prè, Maddalena, Portoria e San Vincenzo a sud, Oregina a ovest e i quartieri della Val Bisagno San Fruttuoso, Marassi e Staglieno. Si tratta, semmai, di un’accurata replica di Amalfi, con tanto di Duomo, che si lascia percorrere in lungo e in largo, dall’alto al basso, da destra a sinistra, anche contromano. Montagne scoscese incorniciano un insediamento di medie dimensioni che si affaccia baldanzoso sul mare, adornato da spiagge e ombrelloni, panchine e banchine, gelaterie e drogherie, tunnel e gallerie. Colpisce l’edilizia fatiscente: s’incontrano infatti numerose palazzine abbandonate, monumenti al declino socio-architettonico dell’Italia del ventunesimo secolo, un paese che ha perso quasi cinque milioni di abitanti tra il 2006 e il 20163, emigrati all’estero in cerca di fortuna, esasperati per la perdurante crisi economica e un perdurante regime di austerità.

Proseguendo il viaggio verso nord ci s’imbatte in Montellino, un villaggio di finzione modello Potemkin4, caratterizzato da alcune delle vedute più pittoresche di Forza Horizon 2, con mongolfiere che s’innalzano nel cielo ad intervalli regolari e fuochi d’artificio che illuminano la notte in cui tutte le vacche sono nere. Situato tra dolci colline e rigogliosi vigneti, Montellino esemplifica l’idilliaco campagnolo raffigurato dai pittori paesaggistici del Diciottesimo e Diciannovesimo secolo, un paesaggio che culmina con una lussuosa tenuta ai bordi di un lago: un pastorale interattivo, accessibile esclusivamente a bordo di un’automobile.

Forza Horizon 2 (Playground Games, 2014)

Considerazioni analoghe valgono per San Giovanni, descritta dai designer di Playground Games come una cittadina “sospesa nel tempo”, sopravvissuta intatta per “centinaia, se non migliaia di anni”, il cui “lignaggio s’inscrive sulla pietra antica che forma i suoi edifici”5. Non è chiaro se il San Giovanni videoludico sia la controparte virtuale di Castel San Giovanni, un comune situato nella provincia di Piacenza oppure del minuscolo Fornovo San Giovanni, che si trova a una ventina di chilometri da Bergamo. In ogni caso, si tratta di un borgo sufficientemente generico nella sua italianità stereotipata modello Pasta Panzani6, da risultare parimenti noto e ignoto, prevedibile e spiazzante. A proposito di aspetti conturbanti, colpisce la totale assenza di fabbriche, capannoni, spazi commerciali moderni, shopping center, magazzini e stazioni di servizio, che invece formano il paesaggio più diffuso dell’Italia contemporanea.

Percorrendo il Belpaese virtuale, una domanda sorge spontanea: considerando la sospetta carenza di fabbriche e centri di smistamento7, qual è il modello economico sotteso a questo nonluogo? Il turismo? Il terziario? La malavita organizzata? Non ci sono porti commerciali che accolgono le tonnellate di merci prodotte da manodopera a bassissimo costo in Cina, nel Sud-Est Asiatico e in Sud-America. Questa Italia sembra essere stata risparmiata dalla globalizzazione. I camion a rimorchio che percorrono tangenziali e strade provinciali, a tutte le ore del giorno e della notte, qui sono rari, anzi rarissimi. Non scorgiamo neppure i corrieri di Amazon né gli schiavi del food delivery che consegnano cibo a cottimo per pochi centesimi. Colpisce, inoltre, l’assenza dei mezzi di trasporto pubblico: i bus sono sparuti, il traffico sporadico, anche se le fermate abbondano.

Scorgiamo scooter di dimensioni e cilindrata variabile parcheggiati sui marciapiedi e di fronte alle ville di campagna. Ma sulle strade, il quattroruote domina incontrastato: la guida privata ha completamente soppiantato quella pubblica. È il trionfo della logica neoliberista. In breve, la simulazione motorizzata celebra l’utopia, anzi, l’autopia8, ignorando quella distopia concreta che è, oggi, il Belpaese. È una realtà fruibile esclusivamente attraverso il mezzo motorizzato: è infatti impossibile scendere dal veicolo. L’uomo è, letteralmente, un’automobile9. I luoghi che non possono essere raggiunti dal quattroruote, de facto, non hanno alcuna valore nell’economia del gioco. Questa concezione dello spazio ricorda le riflessioni di Marc Augé (1995) circa la travolgente affermazione delle infrastrutture per il trasporto veloce (autostrade, stazioni di benzina, parcheggi) e dei mezzi di trasporto stessi come esempio paradigmatico dei cosiddetti nonluoghi che contraddistinguono la surmodernità.

Forza Horizon 2 (Playground Games, 2014)

Nell’Italia di Forza Horizon 2 mancano gli ecomostri che affliggono la “cosa reale”. Le aberrazioni architettoniche e il junkspace sono stati infatti completamente rimossi, o meglio, dissimulati. In un paese di vecchi/per vecchi10, caratterizzato da un tasso di natalità prossimo allo zero11, colpisce l’aspetto degli abitanti digitali: giovinastri in splendida forma, alti, magri, slanciati, per lo più bianchi, talvolta deformati dalle glitch, costantemente al telefonino, ma si tratta di phone così smart da essere praticamente invisibili. Non si scorgono né anziani in carrozzella né bambini in carrozzina, immigrati o mendicanti, disabili o ambulanti. In ogni caso, la separazione tra pedoni e automobili è perentoria, manichea: i primi sono de facto protetti (imprigionati?) da barriere architettoniche come muretti, paletti e balaustre, mentre le seconde possono scorrazzare ovunque.

Manca soprattutto l’onnipresente lordume, i rifiuti ai bordi delle strade, nei fossi, sui marciapiedi, l’elemento più comune della quotidianità italiana. Non scorgiamo i sacchetti della pattumiera, le lattine vuote, le bottiglie di plastica, i preservativi usati che attendono speranzosi una raccolta che, come i Tartari di Buzzati, non si materializza. L’assenza del trash che si accumula ai bordi delle strade italiane, prodotto primario del trasporto automobilistico, sconfessa ogni ambizione di realismo di Forza Horizon 2. La deliberata sospensione dell’incredulità fallisce clamorosamente il test dello sporco (im)possibile. Siete in un paese meraviglioso, sentenzia la compagnia autostradale italiana in una campagna pubblicitaria autocelebrativa12. La realtà è ben diversa: le tangenziali, le strade di campagna e le stesse autostrade del Belpaese sono discariche a cielo aperto (De Vito, 2017)13.

Attorno alle piste asfaltate si riversano enormi quantità di pattume che diventano parte integrante del panorama. L’arteria che collega l’aeroporto di Malpensa a Milano—la famigerata Strada Statale 336, detta anche Superstrada Malpensa 2000, che percorro frequentemente—è avvilente: i sacchi della pattumiera gettati dagli automobilisti in corsa superano di gran lunga gli alberi. La prima e l’ultima immagine dell’Italia che resta impressa nella mente di un visitatore è la sporcizia che circonda i manifesti pubblicitari di qualche brand di moda: in altre parole, il trash è l’essenza (maleodorante) del Belpaese. L’Italia di Forza Horizon 2 è finta perché è pulita. Quella vera è sporca e degradata.

Note

  1. Il team completo include, oltre a Brown, Gavin Bartlett, Derek Chapman, Gavin Clark, Grzegorz Wisniewski, Oliver Wright, Hayo Koekkoek, Ray Grinaway, Ole Groenbaek, Chris Trentham, Nic Millot, Ben Wilson, Hassan Abdallah, Nick Elliott, Luis Jimenez Garay, Drew Northcott, Jake Woodruff, Jon Morris, Nic Etheridge e Chris Downey. Fonte: Microsoft Corporation (2014). ↩︎
  2. Si potrebbe affermare che l’Italia videoludica di Forza Horizon 2 è frutto delle medesime strategie impiegate da Rockstar Games per creare la Miami simulacrale di Grand Theft Auto: Vice City, Cfr. Bogost/Klainbaum, 2006, pp. 162-176). ↩︎
  3. Fonte: Fondazione Migrantes (2017). Il rapporto, accorpa, oltre ai dati dell’AIRE – Anagrafe Italiani Residenti all’Estero, anche quelli dell’ISTAT sui trasferimenti di residenza per l’estero e la migrazione interna, quelli dell’INPS sulle pensioni, della Banca d’Italia sulle rimesse Dal 2006 al 2017, gli italiani che si sono trasferiti all’estero sono aumentati del 60,1% passando da poco più di 3 milioni a quasi 5 milioni. Nell’ultimo anno, l’aumento è stato del 3,4%. ↩︎
  4. Sul rapporto tra i villaggi Potemkin e i media di telepresenza, cfr. Manovich (1995). ↩︎
  5. Cfr. https://www.forzamotorsport.net/en-US/games/fh2. ↩︎
  6. Cfr. Barthes (1970). ↩︎
  7. In realtà, Horizon 2 include una zona (post)industriale situata al centro dell’ipotetico triangolo i cui vertici corrispondono a Castelletto, Montellino e San Giovanni, ma la dicitura è menzognera dato che una volta raggiunta la destinazione, non troviamo fabbriche, bensì capannoni dismessi e strutture abbandonate. Si tratta di uno spazio decisamente post-industriale, tra le rovine del Tardo Capitalismo, unico accenno alle conseguenze del libero mercato ivi riconfigurato come parco a tema per bolidi dai costi improponibili che si producono in spettacolari acrobazie e implausibili sgommate. ↩︎
  8. Il termine autopia è stato coniato da Reyner Banham (1971) per descrivere il sistema autostradale della città californiana, “un luogo unico ed onnicomprensivo, un modo di pensare coerente, uno stile di vita autonomo” (p. 191). ↩︎
  9. Un aspetto che unisce, sul piano fenomenologico, l’atto della guida simulata a quella reale è l’ibridazione tra l’uomo e la macchina che le caratterizza. Come osserva Urry, “il guidatore-d’-auto è un assemblaggio ibrido di specifiche attività umane, macchine, strade, palazzi, segni e culture della mobilità” (2004, p. 26). Analogamente, il giocatore è, a tutti gli effetti, un cyborg che utilizza protesi e interfacce come surrogati ed estensioni dei propri sensi e organi, per agire all’interno di uno spazio virtuale la cui esistenza è resa possibile dalla complessa interazione di tecnologie materiali ed infrastrutture concrete. In secondo luogo, le due attività prevedono un soggetto che, in termini di prossemica e stimolazione sensoriale, pare indistinguibile. La descrizione di Urry del conducente tipo—“posizionato su un confortevole anche se stringente sedile, circondato da fonti di informazione microelettroniche, controlli e sorgenti di piacere” (Urry 2004, pp. 31-30)—potrebbe benissimo riferirsi a qualsiasi videogiocatore. ↩︎
  10. L’Italia ha il numero più alto di ultrasessantacinquenni in Europa. Fonte: Eurostat (2014). Nel 2016, il numero di abitanti sopra i 65 anni è stato quantificato in tredici milioni e cinquecentomila. Fonte: Istat (2017). Nel 2016, per ogni 100 adolescenti, ci sono 161 ultra sessantacinquenni. Fonte: Il Sole 24 Ore/Istat (2016). ↩︎
  11. Cfr. Gagliardi (2016). ↩︎
  12. Cfr. http://www.autostrade.it/sei-in-un-paese-meraviglioso/index.html ↩︎
  13. De Vito (2007) scrive che nella prima metà del 2017 l’Amsa ha individuato oltre 1.138 discariche abusive nella periferia di Milano, “dove ci sono quartieri poco illuminati, spazi poco frequentati e aree tendenti al degrado che facilitano il lavoro sporco di chi non si fa scrupoli a usare aree verdi o incroci come pattumiere.” ↩︎