The Dark Ages è un vero Doom?

Ma soprattutto: importa a qualcuno?

Ho dedicato l’ultimo mese della mia vita a Doom. Ho giocato prima il Doom del 2016 e a seguire Eternal, entrambi in vista dell’arrivo di The Dark Ages, consumato poi in circa nove giorni. Doom (2016) l’ho trovato divertente e un po’ ripetitivo verso la fine, mentre con Eternal sono andato completamente in trance (un pomeriggio, mentre ci giocavo, c’era mia madre che mi parlava; non mi ero neppure accorto che fosse entrata nella stanza). Quanto a The Dark Ages… ne parliamo alla fine di questo racconto. Adesso c’è un’altra cosa che mi preme dire.

Per tutto questo mese con Doom ho fatto sogni agitati. Sognavo demoni, orde di demoni, e infinite piane infernali. Ma questo è naturale. Il fatto è che ogni tanto sognavo anche meme. In questi meme c’era sempre uno scudo, il notevole scudo-motosega di The Dark Ages, e poi un testo in corsivo: Ceci n’est pas Doom. Magritte, certo. Immagino che questo sogno fosse collegato ad altri sogni ricorrenti, quelli in cui seguivo le live del CSC riunito in sessione plenaria per discutere di Doom. La domanda, alla fine delle trasmissioni, era sempre la stessa: è o non è un vero Doom, questo The Dark Ages?

Prima di proseguire: vi starete chiedendo cos’è il CSC. Semplice: è il Consiglio Superiore dei Creator, costituito da quattro illustri membri anziani, che vi presento adesso in rapida successione dal momento che esistono solo nei miei sogni.

Doom (Fonte: screenshot)

Iniziamo da ParryMason, tirocinante in uno studio legale di Castellammare di Stabia e grande intenditore di souls. Proseguiamo con BlaBlaBlast, ex metallaro esperto di FPS con degli splendidi baffi a manubrio, il quale si presenta sempre un po’ scazzato—in realtà è solo afflitto da un terribile reflusso gastrico. C’è poi AlphonSoft, un tipo smilzo, ex consulente di Poste Italiane e appassionato di retrogaming, che porta in live solo giochi usciti tra il 1981 e il 1982, che gioca bendato. Ultima ma non ultima Zigoviaggiatrice, una che sa tutto di Hideo Kojima e parla piuttosto spedita—rendendo di fatto inutilizzabile la funzione 2x dell’audio di YouTube—suppongo per coprire un francamente irresistibile sigmatismo sibilante.

Circa la domanda delle domande—se The Dark Ages sia un vero Doom o meno—la conclusione degli autorevoli membri del CSC è piuttosto netta: no, The Dark Ages non è affatto un vero Doom. Infatti, i quattro già rimpiangono Eternal, soffermandosi sulla sua incredibile frenesia e sulla sua brutalità senza fronzoli. Ma qual è il problema di The Dark Ages?

Più d’uno, a quanto pare. A detta di Zigoviaggiatrice, cito testualmente, “saper sparare è perfettamente inutile in questo prequel, data la presenza invasiva dello scudo seghettato anche in fase offensiva”. Altro problema: l’esplorazione, troppa e troppo guidata per BlaBlaBlast. Ancora: The Dark Ages si può giocare col pad, e un Doom che si può giocare col pad non potrà mai, e dico mai—o meglio, lo dice e lo ribadisce ParryMason—ambire a essere un autentico Doom, il quale esige mouse e tastiera come Dio il sacrificio di Isacco da parte di Abramo. Infine l’argomento più spinoso, su cui ha insistito parecchio AlphonSoft: The Dark Ages è troppo facile, e come se non bastasse la possibilità di intervenire su diversi parametri (velocità, finestra della parata, danni dello Slayer, eccetera) fa sì che non ci sia un livello di difficoltà uguale per tutti; il che, in ultima analisi, significa non potersi vantare con gli amici per aver portato a termine il gioco a “Incubo”.

Doom Eternal (Fonte: screenshot)

A proposito di incubi: quelli che ho raccontato finora sono sogni a tutti gli effetti, per me, non certo incubi. Potrà sembrarvi terribile sognare dei creator che parlano di videogiochi, ma vi assicuro che i veri incubi sono altri. Tipo quando, in dormiveglia, mi capita di visualizzare George Lucas senza barba. Ma la verità è che non ho mai creduto a una distinzione netta tra sogno e incubo. Sia gli uni che gli altri, anche i più spaventosi, hanno il dono di portarti altrove, proprio come i videogiochi. Pertanto sono sempre benvenuti, qualsiasi forma prendano.

Ma non perdiamo il filo. Nelle mie scorribande oniriche ho avuto la possibilità di leggere i commenti degli iscritti al canale del Consiglio. Diversi utenti hanno fatto notare ai quattro autorevoli creator che neppure quell’Eternal che adesso osannano tanto rappresentava un vero Doom, per loro, stando a quel che sostenevano nella recensione ufficiale del 26 marzo 2020. Anzi, a quanto pare all’epoca della sua uscita Eternal non era piaciuto a nessuno dei quattro membri… ad eccezione, solo in parte, di BlaBlaBlast, che ne aveva paragonato le meccaniche di shooting al dispiegarsi di un pezzo jazz, per via dello schema fisso all’interno del quale erano possibili “interessanti momenti di improvvisazione”. In totale disaccordo ParryMason, per cui Eternal sembrava un “Sudoku per schizzati”, e così AlphonSoft, annoiato invece dall’incredibile mole di testi contenuti nel codex. Dal canto suo, Zigoviaggiatrice era talmente inorridita dalle fasi platform che aveva mollato il gioco dopo un paio d’ore per ripiegare sul Doom del 2016. Il quale per l’intero CSC rappresentava ancora un “ottimo ritorno della serie”, cito sempre testualmente dalla recensione di Eternal del 2020, se confrontato con questo secondo capitolo “tristemente apocrifo”.

Peccato che una notte ho sognato la live del 9 maggio 2016 in cui il CSC proponeva in anteprima la recensione finale di questo “ottimo ritorno della serie”, in cui BlaBlaBlast e ParryMason ridevano senza pietà di quel primo, timido inserimento di lore e narrativa, trovando in particolare che il personaggio di Samuel Hayden avesse “lo stesso carisma dell’animatrone che fa gli stunt di Gesù Cristo in The Passion di Mel Gibson”, mentre Zigoviaggiatrice e AlphonSoft denunciavano il fatto che questo rilancio di Doom si sostanziasse nel “classico tentativo, annacquato e paraculo, di rendere mainstream l’ennesimo pezzo di storia videoludica, disprezzando il pubblico che lo ha sempre amato e sostenuto”. Un vero disastro, insomma.

Doom: The Dark Ages (Fonte: screenshot)

Ora, volete sapere se penso che gli esperti del Consiglio Superiore dei Creator siano degli ipocriti, o quantomeno degli smemorati? Temo che le cose siano un po’ più complicate di così. Tra le conclusioni a cui sono arrivato c’è questa, evidentemente legata al meme Ceci n’est pas Doom: forse nemmeno il primo Doom, quello del 1993, era un autentico Doom (e non lo erano ovviamente nemmeno i suoi seguiti più o meno immediati). Può sembrare un paradosso—ma il purismo non fa che agire a sua volta per paradossi, iperboli, astrazioni e idee talvolta strampalate. “Se giochi a fare il puro, troverai sempre uno più puro che ti epura”, era così…? Allora perché non ammettere che un vero Doom esiste, certo, ma solo nella testa dei veri appassionati di Doom? È un Doom assoluto, indefinibile, assimilabile a un principio, a un segreto ammonimento affidato a un testo perduto negli antichi monasteri di Argent D’Nur. È un Doom perfetto e inattaccabile, rispetto al quale nessun Doom potrà mai essere all’altezza. È come Xanadu, Thule, Atlantide, El Dorado, Shambhala, Utopia, eccetera: un posto inesistente in cui ricordiamo di essere stati felici da bambini, in cui nondimeno sogniamo di tornare un giorno non molto lontano. La verità, decisamente in stile Id Software, è che moriremo prima.

A questo punto devo peraltro ammettere che in Doom, il primo Doom, io non sono stato propriamente felice (anche se lo giocavo con mouse e tastiera, in effetti). Al contrario ne ero terrorizzato, probabilmente perché avevo solo undici anni quando l’ho scoperto grazie a mio padre. E però, al solito di quel che succede da bambini con le cose che ci spaventano, provavo un’incredibile attrazione per il gioco: ah, quei paesaggi marziani sullo sfondo, quelle mani guantate col cannone della doppietta che luccicava in primo piano! Per me, quello era già fotorealismo. Il turbamento che ho provato col primo Doom: altro che Gals Panic. Ma se volevo giocarci, dovevo assolutamente fare qualcosa per limitare l’orrore che mi suscitavano i demoni e tutto quel gore. A un certo punto devo aver capito che la colonna sonora heavy metal e gli ululati dei nemici giocavano una parte importante nel mio spavento. Ecco la soluzione, allora: abbassare il volume di musica ed effetti per sostituirli con qualcos’altro. Ma cosa? Un giorno presi il walkman con la cassetta col Best of di Paolo Conte e infilai le cuffie. “Ah, chissà se capita, ah, chissà se capita, ah, un po’ di giungla anche per me…”. La paura, mentre sterminavo interi eserciti di cacodemoni, imp e baroni infernali, svanì del tutto. Chissà, ah, chissà, chissà cosa ne penserebbe il CSC, adesso.

Chiaramente no, non posso chiederglielo: una volta terminato e disinstallato The Dark Ages, il Consiglio Superiore dei Creator è scomparso dai miei sogni, sostituito da Lucio Caracciolo che, con l’autorevole impassibilità che lo contraddistingue, commenta una mia partita a Civilization lasciata in sospeso dal 1997. Ad ogni modo, non ho dubbi che se un giorno tornassi a giocare Doom, uno qualsiasi, tornerei anche a sognare i quattro autorevoli creator. Spero tuttavia che questo non accada mai, perché ho paura che mi giudicherebbero male per via di quel che penso di The Dark Ages. E cioè che non sarà il miglior Doom dell’ultima trilogia, e magari neppure un vero Doom… ma è il più fottutamente divertente tra tutti i Doom che io abbia mai giocato.