Wednesdays: come scavare nei ricordi

Un memoir videoludico che affronta un tema difficile.

Da bambino adoravo andare a casa dei miei amici per giocare ai videogiochi o anche semplicemente per guardare i miei amici giocare ai videogiochi. Negli anni Ottanta i primi home computer, oltre a possedere un’aura futuristica che apriva possibilità infinite, avevano anche una funzione sociale e aggregante. Se volevi giocare con gli amici dovevi fisicamente spostarti. Io, non so per quale oscuro motivo, mi sono ritrovato ad avere un Commodore Plus/4 e in edicola acquistavo delle cassette che da un lato avevano giochi e programmi per il mio computer e dall’altro per l’MSX.

Quindi avevo la scusa perfetta per andare a casa di un compagnetto di scuola al quale i genitori avevano comprato un avanguardistico MSX, credo della Philips ma non ne sono più sicuro. Un altro mio amico del paesello era ancora più fortunato in quanto possessore di un PC IBM dove andavo a giocare ad Alley Cat. Poi c’era un mio cugino a Roma più grande di me che aveva uno Zx Spectrum e ogni volta che andavo a trovarlo, lo costringevo a fare le ore piccole e a perdere diottrie davanti a quegli 8 colori un po’ acidi.

Questo preambolo amarcord non è fine a se stesso ma mi serve da gancio per parlare di Wednesdays, il nuovo gioco co-prodotto da Pixel Hunt e scritto da Pierre Corbinais, già autore di Bury me, my Love e Road 96: Prologue. In Wednesdays il videogioco ha un ruolo centrale e catalizzatore. Timothee, o più spesso Tim, è un bambino di età indecifrata ma verosimilmente frequentante la scuola elementare e passa quasi sempre i suoi mercoledì a casa dei nonni. Ma invece di annoiarsi guardando insulse telenovelas con la nonna o fare i compiti e ripassare le tabelline, preferisce, proprio come il me ragazzino di quarant’anni fa, andare a giocare ai videogame da un suo vicino. Il gioco in questione si intitola “Orco Park” ed è un gestionale di luna park che ricorda in maniera molto forte quel Theme Park della Bullfrog del 1994. Scopo del gioco è quello di costruire attrazioni, attirare avventori, guadagnare abbastanza per costruire altre attrazioni e rendere il parco sempre più grande, tenendolo pulito e aumentando così la soddisfazione dei clienti.

Wednesdays (Fonte: press kit)

Ora, il titolo del videogioco è di per sé un content warning (in Wednesdays ce n’è uno molto dettagliato, appena lanciato il gioco, visto che affronta un tema molto forte) perché la figura dell’orco in senso metaforico è spesso associata ai molestatori sessuali verso minori. Ma Pierre Corbinais, in un’intervista al festival A.Maze dove aveva presentato il gioco nel 2024, affermava: «non mi importa di far sentire le persone a disagio», e ancora, «non è un serious game o un educational game». Io di disagio ne ho provato tanto nelle 3 ore che mi ci sono volute per terminare il gioco, soprattutto pensando ai miei due figli di 9 e 10 anni. Quaranta e oltre anni fa non ho incontrato nessun orco tra i miei amici/parenti videogiocatori, ma forse sono stato solo fortunato.

Una peculiarità di Wednesdays è che non vestiamo mai i panni del protagonista Tim, se non quando lo vediamo ormai adulto di fronte ad un computer su cui gira proprio “Orco Park”. Rigiocare ad “Orco Park” dopo tanti anni ha un effetto madeleine per Tim, che riporta a galla memorie sepolte. È un trigger visivo ed emotivo che scatena un flusso di reminiscenze sopite nel suo subconscio. Ogni nuova attrazione, scivolo, giostra, sblocca un ricordo in cui Tim c’è ma il punto di vista è sempre quello di un amico, la maestra, la nonna, il nonno, una fidanzata, il padre. Tutta la narrazione è dialogica, l’unica interazione lasciata al giocatore nella fase del ricordo è quella di scegliere tra varie risposte (in genere tre).

L’ordine di queste reminiscenze non è cronologico e il giocatore può esperirle a proprio piacere. Possiamo così di volta in volta trovarci di fronte un Tim bambino, un Tim adolescente o un Tim adulto. Questi salti temporali lasciano al giocatore il compito di integrare e ricostruire la storia con la sua immaginazione, un po’ come avviene con lo spazio bianco nei fumetti. Alla domanda «Perché hai scelto il videogioco come medium? Sarebbe potuto essere un fumetto, no?», Pierre risponde: «Credo di sì, ma penso che, se ho un talento, è quello di essere bravo nel fare storytelling interattivo, connettere cose che funzionano bene insieme». Confermo che gli riesce molto, molto bene.

Wednesdays (Fonte: press kit)

Nel devlog di Wednesdays Pierre cita anche tre videogiochi che sono stati grande fonte di ispirazione, oltre a Theme Park naturalmente, che però in Wednesdays funziona semplicemente da hub per sbloccare i ricordi e da chill game per allentare la tensione e metabolizzare il “giro di giostra” appena vissuto, prima di tuffarsi nel prossimo. Il primo, che avevo intuito anche io, è chiaramente il meraviglioso If found… con cui condivide i delicati colori, il feeling “cartaceo” che lo avvicina più a un romanzo visivo che a un videogame, la storia intima e difficile, le meccaniche estremamente semplici.

Sempre nella stessa intervista di A.Maze, Pierre ammette: «mi piacerebbe riuscire a raggiungere persone che non siano necessariamente dei gamer. Il gioco è per questo volutamente super accessibile». L’altra fonte di ispirazione è Cibele, titolo autobiografico di Nina Freeman, che utilizza il “gioco nel gioco” per snocciolare la storia da raccontare. L’ultimo è He Fucked the Girl Out of Me che è la prova che anche con il videogioco si possono trattare temi autobiografici difficili, crudi, marginali, poco frequentati.

Con una scrittura onesta, mai vittimistica, didascalica o moralista, Wednesdays è un memoir crudo e sincero. Le meravigliose illustrazioni dai colori pastello di Exaheva, che mi hanno ricordato il romanzo visivo Portugal di Cyril Pedrosa, aiutano ad alleggerire l’atmosfera. Anche la deliziosa pixel art di Nico Nowak che strizza l’occhio ai videogiochi anni Novanta, con le sue piccole ma dettagliate animazioni, riesce a stemperare i toni cupi. L’alternanza di questi due stili, apparentemente diversi, funziona invece molto bene perché conferisce un po’ di dinamicità ad una art direction altrimenti molto statica.

Wednesdays (Fonte: press kit)

Florent Maurin di The Pixel Hunt ad un mese dal lancio di The Wreck, deluso dai risultati, aveva scritto un lungo post di sfogo su Reddit chiedendosi se ancora valesse la pena fare giochi indie (così personali aggiungerei io). Stavolta, in qualità di co-produttore ha messo le mani avanti e ha scritto che anche questo sarà un gioco “assolutamente invendibile”. Sembrano esserne tutti consapevoli. Molti dei loro giochi non hanno meccaniche ludiche divertenti, l’agency è ridotta all’osso, non hanno bizzarre ambientazioni fantasy o sci-fi, non hanno personaggi con superpoteri, non c’è nessuna lore da estrapolare; sono invece tremendamente ancorati alla realtà, raccontano storie spesso scomode, i protagonisti sono contorti, incompiuti e pieni di traumi. Eppure chi decide di sacrificare la parte ludica per la parte narrativa, sa che dopo aver ricevuto un pugno allo stomaco, da queste esperienze ne esce arricchito e anzi può trovarci conforto.

Wednesdays mi ha messo a disagio per la maggior parte del tempo. Mano a mano che costruivo il luna park e mettevo insieme i pezzi dei ricordi di Tim e dei suoi conoscenti, capivo quanto sia facile cadere vittima di abusi sessuali, spesso proprio da parte di chi si conosce bene. Pur se l’interazione con i vari personaggi dura giusto una manciata di minuti, come il giro di una giostra d’altronde, piano piano si formava nella mia mente il ritratto di un Tim che ancora porta i segni delle violenze.

È stato come fare un giro sulle montagne russe della sua memoria, con salite ripidissime e discese a rotta di collo. Nell’epoca dei social persino i ricordi si sono trasformati in contenuti, non tanto per noi stessi, quanto per i follower. Un database di momenti decontestualizzati pronti ad essere manipolati e condivisi in base a metriche algoritmiche. Tim (e con lui Pierre) scavando nel subconscio accede a ricordi oscuri ma reali, disordinati, contestuali, personali, non ottimizzati. Wednesdays è un memoir videoludico che se ne frega dell’engagement, ma che è destinato a fissarsi nei ricordi di chi lo gioca per sempre, a dispetto di meme, clip virali, trend topic che permangono giusto il tempo di uno scroll e niente più.